sabato 19 luglio 2008

Il 'Quarto Tempo' di Cacciapaglia

Quando per la prima volta ho ascoltato la musica di Roberto Cacciapaglia ho provato una sensazione difficilmente descrivibile. Accompagnata ad un vigoroso senso di potenza, era una dolce tristezza, una piacevole malinconia. Nel medesimo istante mi sono sentito fragile e forte, ho provato un intenso desiderio di unione, di congiunzione quasi carnale con il mondo circostante. Uno smarrimento che conduceva nella giusta direzione.

Prodotto con la collaborazione della Royal Philarmonic Orchestra, Quarto Tempo è l'ultimo album del compositore milanese. Quando ho alzato la cornetta per l’intervista ero emozionato. A rompere il ghiaccio è stata la curiosità, l’interesse per il significato del titolo dell’ultimo lavoro di Cacciapaglia.
«Il quarto tempo – spiega – è uno stato in cui passato, presente e futuro si annullano. Un modo per mettersi in contatto con la musica, per esprimere se stessi attraverso la melodia. Più è alta la coscienza del suono, più è possibile trasmettere a chi ascolta le emozioni provate».

La musica diventa quindi mezzo, veicolo per azzerare distanze, possibilità per oltrepassare barriere, in sostanza un punto di incontro. Le note esprimono le emozioni di chi le compone, mentre la musica che ne scaturisce ha il compito di farle giungere all’ascoltatore. Un’empatia dove alla musica spetta il ruolo di specchio: riflette l'io e lo fa conoscere al molteplice. Ma che valore ha il silenzio nel processo compositivo?
«Quando sono al pianoforte e compongo – risponde – prima di toccare la tastiera rimango fermo. Parto dal silenzio, la piattaforma da cui parte il suono. Entro in una dimensione in cui il livello di presenza permette di esprimere le emozioni più profondamente, da qui nasce il desiderio di sconfinare: la costante centrale del mio lavoro».

Oceano, Altlantico, Nuvole di luce, Seconda navigazione. Questi alcuni dei titoli di Quarto Tempo. Parole che evocano atmosfere ad ampio respiro, grandi aperture, incontri con il tutto circostante.
«Oceano – precisa – è sì un andare oltre gli ostacoli, un uscire dai limiti e dallo spazio. Ma non è soltanto uno sconfinamento esteriore, anzi, ha invece una forte valenza interiore: un viaggio nelle profondità dell’inconscio. La musica, spesso, è lo strumento più adatto per sondarne i meandri». Il mare, quindi, come metafora di libertà e ricerca interiore. Quale il rapporto di Cacciapaglia con Genova e la Liguria? «Ho suonato al Carlo Felice e Genova è una città bellissima. Ma c’è un luogo che più di altri mi ha colpito: la Baia del Silenzio a Sestri Levante.

Provo a rivelare, infine, le emozioni da me provate al momento dell’ascolto di Quarto tempo. Come accennato, il sentimento predominante è stata la malinconia, in un’accezione del termine, però, piuttosto dolce e positiva. Quanto è presente questo sentimento nel momento della creazione? «Più che malinconia, parlerei di nostalgia - risponde - ricerca dell’eternità. Un tentativo di recupero di quella perfezione profondamente insita nella natura umana. La musica ha anche questo compito - continua - far riflettere e ricercare. Sono convinto - conclude - che il pubblico si faccia giustizia da solo. Se la musica perde potere, è comprensibile che le persone non comprino dischi. Quando suonavano Beatles, Doors o Pink Floyd, non era così. Oggi le persone vogliono qualcosa di più dalla musica».

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