sabato 23 febbraio 2008

La colpa è nostra

Ho preferito aspettare, leggere articoli, consultare libri, ascoltare telegiornali, assistere a trasmissioni di approfondimento. Ora che ho un’idea precisa a riguardo, vorrei trarre alcune conclusioni sulla difficile situazione in Campania.

In primo luogo, vorrei sottolineare la superficialità di chi sottolinea l’alterità tra il quotidiano settentrionale e quello meridionale. Se il senso di stato è quello di un ordinamento giuridico-politico esercitante il potere sovrano su un determinato territorio e sui soggetti a esso appartenenti, ebbene, è questa idea nella sua globalità ad essere in difetto. Non una parte. Nell’accezione di res pubblica, ovvero nel senso di cosa comune e condivisa, la responsabilità è collettiva. Sicuramente ci sono responsabilità dei governi locali (Regione, Comune e Provincia), ma colpevole è l’Italia tutta. Non solo da un punto di vista teorico, ma soprattutto da un punto di vista pratico.

La monnezza si riversa nelle strade di Pianura nel momento in cui il ciclo industriale di smaltimento dei rifiuti è saturo: quando le ecoballe sono troppe e non possono essere smistate, i riufiuti confluiscono esclusivamente nelle discariche. E quando queste sono colme, cosa si fa? Il risultato è sotto gli occhi.
Ma la domanda più opportuna è un'altra: perché le discariche campane sono piene oltre misura?
Purtroppo le aziende settentrionali che smaltiscono rifiuti tossici ricorrendo alle discariche napoletane, sono molte. Non solo in quelle abusive, ma anche in quelle a norma. Ecco allora il senso di chi protesta contro la riapertura delle discariche: la gente in Campania non protesta contro le discariche, semplicemente non vuole morire di tumore.
Certo, nelle manifestazioni ci sono state anche infiltrazioni di elementi strettamente legati ai clan camorristici. Ma il ragionamento del crimine organizzato è questo: più caos, più tutela per i propri illeciti affari .

A ben vedere, quindi, le responsabilità sono anche del tanto industrializzato nord. Non si può strizzare l’occhio alla produttività e poi prendere distanza dai rifiuti. La camorra si arricchisce sul loro smaltimento, perché ha sempre clienti che la commissionano!
Se a Napoli la massima aspirazione per un ragazzo è quella di diventare un boss e morire ammazzato, la responsabilità è della società che non ha creato un’alternativa alla delinquenza. Perché questa è la situazione nel napoletano: o si scappa, o ci si rassegna a lavorare in nero 12 ore al giorno, oppure la camorra spalanca le porte dell’occupazione!

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