giovedì 30 aprile 2009

Deluso da me stesso

Sono deluso da me stesso. Oggi in metropolitana ho assistito ad una scena orripilante. Saliti sul convoglio, l'uomo entrato al mio fianco si avvicina velocemente ad una signora seduta, le mostra il tesserino da invalido e con fare estremamente brusco la esorta ad alzarsi. Vorrei precisare che l'uomo in questione, pur avendo apparentemente ragione, poichè si trattava di un posto riservato a mutilati ed invalidi, si è posto alla controparte in maniera molto agressiva, tale da suscitare sopresa e timore. La signora, spaventata dall'agire poco ortodosso del suo interlocutore, ha reagito ignorandolo. L'uomo, che non aspettava altro, ha incominciato una sequela di insulti, per lo più a sfondo razzista. Il vagone era popolato da italiani e cittadini stranieri e cosa ho fatto io di fronte all'inciviltà: niente. Come tutti sono stato zitto. Solamente un ragazzo equadoriano ha preso le difese della sua connazionale.

Questo fatto mi ha fatto riflettere: ho avuto paura e come una pecora sono rimasto silente. Sono fermamente antirazzista e sostenitore di una società multiculturale, ma credo di aver ancora molto da imparare: non basta essere progressisti a parole o pensieri. È necessario esserlo nei fatti, anche quando questi comportano un rischio immediato alla propria persona. Non nei discorsi da talk show o nelle discussioni tra amici al bar, ma soprattutto nei piccoli gesti quotidiani. Anche quando questi costano fatica. Non voglio essere ricordato come uno di quegli italiani intolleranti o leghisti, vorrei essere ricordato come una voce della minoranza dissidente. Eppure in questo frangente non l'ho dimostrato.
Chi scrive ha svolto servizio civile in un ufficio immigrazione e pensava di essere vaccinato di fronte a cose di questo tipo. Sono stato acquiescente e non riesco a perdonarmelo.

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lunedì 27 aprile 2009

Firenze chiama, ma il Genoa è assente



Lungo la via Emilia, sotto un autentico nubifragio, ho sorriso e ho pensato: «Ancora la dura legge dell' esodo». Facendo una breve analisi delle ultime grandi uscite del tifo rossoblù, infatti, la costante è una: prospettive disattese. Si potrebbe partire dalla fatal Ravenna, passando per Piacenza, fino ad arrivare alla più recente Mantova. E così, in ottemperanza a questa sadica legge, i 3500 supporters rossoblù hanno assistito ad un copione quasi già scritto. Al Bologna di Papadopulo sono così bastati 10 minuti, tra il 14' e il 24' minuto, per avere ragione di un Genoa troppo brutto per essere vero.

Acqua, tanta acqua. Sia quella scesa dal cielo bolognese, sia quella fatta dalla difesa rossoblù. E dire che la prima vera occasione della partita capita proprio sui piedi di Jankovic: sul cross di Palladino, però, il serbo ciabatta la palla affidandola tranquillamente nelle mani di Colombo. Un minuto dopo il suicidio: Bocchetti, dopo aver salvato a porta vuota, perde ingenuamente il pallone e stende Mingazzini. Rigore netto ed ennesima marcatura per Marco Di Vaio. La frittata è definitivamente servita 10 minuti più tardi: su uno spiovente di Adailton la difesa rossoblù si addormenta, permettendo a Terzi di riscattarsi da una stagione di amare critiche. Ci si aspetterebbe la reazione del Genoa, ma l'unico a crederci è Palladino. Motta stenta a centrocampo, Juric non incide e le fasce sono costantemente tamponate a centrocampo. Dopo il lungo infortunio, Milito stenta in attacco, ma è la squadra tutta a soffrire i tempi della partita.

La ripresa non muta ritmo alla gara: Palladino coglie un palo dopo pochi minuti e poi sarà Olivera, subentrato a Ferrari, ad impegnare Colombo a soli 10 minuti dalla fine. Poco, troppo poco.
Per dovere di cronaca bisogna segnalare che l'arbitro Orsato ha sorvolato su due interventi dubbi in area felsinea: un colpo di mano di Mudingayi e un uscita di Colombo sui piedi di Milito. Ma è altrettanto doveroso ricordare che il Bologna ha sfiorato il colpo del definitivo ko in almeno due situazioni.

Se due indizi fanno una prova, ebbene, la sconfitta di Bologna suona come un campanello di allarme. Non solo perché il Genoa perde il 4° posto a favore della Fiorentina, ma soprattutto per la qualità della prestazione offerta. Poca corsa, disattenzioni in zone nevralgiche del campo e scarsa concretezza sotto porta. Per la prima volta in questa stagione, il Genoa perde due partite consecutive e, dato più preoccupante, non segna da altrettanti turni.
Infine, come se la giornata non fosse stata abbastanza amara, dall'altezza di Pontremoli fino a Rapallo, la musica che mi ha scortato a casa proveniva dalle frequenze di RadioMaria. Ma, ad onor del vero, avevo già espiato le mie colpe sotto la pioggia battente del Dall'Ara.

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domenica 19 aprile 2009

Troppi complimenti!



Dopo la splendida vittoria contro la Juventus, commentare la peggior prestazione stagionale ha davvero un sapore dolce-amaro. La sconfitta della Fiorentina a Udine rende certamente meno aspra la debacle contro la Lazio; ma, proprio in virtù di tale risultato, il capitombolo casalingo accentua il rammarico per non aver incrementato il distacco sulla quinta in classifica. Nonostante il secondo stop patito a Marassi, il Genoa mantiene inalterato il proprio vantaggio sui viola e perde punti solo sulla Roma che ritorna a -5. La classifica replica la situazione di due turni or sono, con la differenza che alla fine della stagione mancano solo sei partite. In virtù di queste considerazioni, la 32esima giornata di campionato può essere catalogata sotto il segno positivo.

Che la partita contro i biancocelesti fosse un pericoloso tranello, ebbene, lo si era capito fin dai primi minuti: troppi i complimenti ricevuti in settimana e squadra apparsa appesantita fin dalle prime battute. Ciononostante i rossoblù hanno creato almeno tre nitide palle goal, occasioni che non sono state concretizzate un pò per bravura di Muslera, un po’ per imprecisione degli attaccanti rossoblù. Nell’altra metà campo anche la Lazio ha saputo impegnare Rubino, dapprima con Zarate e poi con Pandev. I cattivi presagi del primo tempo si sono puntualmente concretizzati nella ripresa: ben imbeccato da Kolarov, l’argentino Zarate ha saputo prendere il tempo a Bocchetti e siglare il vantaggio laziale con un preciso diagonale. Il Genoa, che fino a quel momento non aveva certo disputato una grande prestazione, ma che tutto sommato aveva tenuto discretamente il campo, si è disunito concedendo ampi spazi alla Lazio. Errori a ripetizione hanno lanciato i centravanti romani verso il possibile raddoppio: soltanto il palo e Rubinho hanno permesso alla squadra di Gasperini di limitare il passivo.

Nulla da dire: il Genoa ha meritato la sconfitta. Troppi gli errori commessi: la difesa ha sofferto la velocità di Zarate, il centrocampo ha perso innumerevoli palloni, mentre l’attacco non ha saputo concretizzare le occasioni capitate. Non faccio nomi dei singoli giocatori, perché questo Genoa ha dimostrato di essere una squadra: se si vince tutti assieme, lo si fa anche nella sconfitta. Adesso è necessario tornare umili e affrontare il Bologna con quello spirito guerriero esibito contro la Juve.

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domenica 12 aprile 2009

Revolution Genoa




Battere la Juventus trascende il puro significato sportivo, ha il sapore della lotta di classe, della rivolta, del popolo soggiogato che si ribella alla mano affamatrice. La storia è fatta di piccoli grandi sogni, di avvenimenti che scuotono lo status quo, di esempi che indicano la via e ricordano ai potenti la forza dei deboli. Un film? La classe operaia va in paradiso. Una canzone? Contessa di Pietrangeli. Iperboli politiche per esprimere un solo concetto: partita perfetta. Con Milito ancora fermo ai box, Gasperini ha saputo ovviare all'assenza del puntero argentino infondendo un'autentico spirito guerriero alla sua squadra. Il Genoa ha approcciato il match con fare umile e battagliero, con audacia e rigore tattico, con furore agonistico e corsa, tanta corsa.

Se esame di laurea doveva essere, la squadra di Gasperini lo ha superato a pieni voti. Sin dai primi minuti il Genoa ha saputo imporre il proprio timbro alla gara: la partita si è decisa prevalentemente a centrocampo, dove Motta, ben assistito da Juric, ha dettato da subito i ritmi del gioco rossoblù. Sulle fasce Mesto e Palladino hanno ammattito Zebina e Nedved, mentre Sculli ha impedito a Molinaro di macinare chilometri sulla fascia destra. Jankovic, infine, al centro di un inedito tridente di attacco, ha sportellato tutta la partita con Chiellini. Bene anche la difesa, che però ha commesso due errori, pagati a caro prezzo, in occasione dei momentanei pareggi di Del Piero, su rigore, e di Iaquinta. Una doppietta di Thiago Motta e un goal di Palladino hanno permesso al Genoa di superare la Vecchia Signora. 3-2 il risultato finale e partita da registare su videocassetta per non dimenticare che anche in Italia il calcio sa offrire spettacolo ed emozioni.

Aver assistito ad un simile spettacolo fa sentire partecipi di un pezzo importante della storia recente rossoblù. È scritto nel destino che alcune partite abbiano più peso di altre, ma la vittoria contro la Juve ha il sapore dell'impresa. Non solo per la partita in sè, ma soprattutto perchè il Genoa spinge la Roma a -8 e ipoteca, salvo suicidi dell'ultima ora, almeno un posto in Uefa. Solo in poche altre occasioni è respirato in gradinata una simile aria di possibilità. L'ultima fu 2 anni or sono: il Genoa schiantò il Bologna per 3 reti a zero e comiciò seriamente a credere nella possibilità di risalire in serie A. Oggi l'obiettivo è diverso: si chiama CHAMPIONS LEAGUE.

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domenica 5 aprile 2009

Corri Genoa, corri!



Cade l'ennesimo tabù. L'ultima vittoria del Genoa al Granillo risaliva al 15 ottobre 1972: allora i rossoblù si imposero per una rete a zero. Ventisette anni dopo, il Grifone espugna di nuovo la Calabria con lo stesso risultato, grazie ad una rete di Thiago Motta. La giornata spezzatino, con partite spalmate nell'arco dell'intera domenica, rischiava di complicare il compito alla squadra di Gasperini. Dopo il riscaldamento, poco prima del match, i giocatori rossoblù sono stati accolti dalla notizia del trionfo viola a Bergamo. Non facile, quindi, affrontare una simile trasferta con ansia da prestazione.

Gli obiettivi delle due compagini si sono palesati immediatamente, sottolinendo il divario che separa le squadre in classifica. La Reggina è partita buttando il cuore oltre l'ostacolo alla ricerca del goal della speranza; il Genoa, invece, ha approcciato la gara in maniera paziente, salendo alla distanza e guadagnando campo con l'incedere dei minuti. È Barreto, dopo una manciata di minuti, ad impensierire Rubihno da calcio da fermo, mentre al 10' capita sulla testa di Ferrari la palla buona per il Genoa. La partita non offre grandi spunti di cronaca: la spinta dei padroni di casa termina al quarto d'ora con un tiro di Brienza che finisce a lato. Da questo momento il Genoa prende possesso della mediana, impone gradualmente il proprio gioco e arriva pericolosamente al tiro prima con Palladino e poi con Mesto.

Le difficoltà dei padroni di casa si acquiscono nella ripresa. Al rientro in campo la compagine di Gasperini cerca con più convinzione i tre punti e le occasioni iniziano a fioccare. È Palladino a presentarsi con più frequenza dalle parte di Puggioni: prima l'imprecisione, poi i riflessi del portiere calabrese negano all'attaccante genoano la gioia della marcatura. L'estremo difensore, infine, si ripeterà ancora sulla velenosa conclusione di Milanetto, ma nulla può al 77' sul tapin di Thiago Motta ben imbeccato dall'ennesimo assist di Palladino. La reazione dei padroni di casa porta solo ad un colpo di testa di Brienza, ben controllato a terra da Rubihno.

Il Genoa regge: questo il titolo di giornata. Regge alla pressione delle inseguitrici, regge al primo caldo e, per l'ennesima volta, matura la vittoria nei secondi 45 minuti. In poche parole: il Genoa corre. Anche senza Milito.

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