lunedì 22 dicembre 2008

Amarcord



«Se troviamo parcheggio - disse mio padre - ti porto a vedere il Genoa».
Era il 19 aprile 1987, mio nonno era morto da circa un mese e, con la vecchia Alfa 33, accompagnavamo mia madre a Staglieno: il cimitero monumentale più grosso d'Europa dista poche centinaia di metri dallo stadio Luigi Ferraris. Due mesi dopo sarebbe nato mio fratello.

Era la stagione 86/87, il Genoa era ovviamente in serie B, ma stava disputando un campionato di vertice. Quella domenica si giocava contro il Pisa, andammo in curva e quelle maglie rossoblù, che ricordo ancora come vecchie figurine Panini, pareggiarono 1 a 1.
Tra tutti i giocatori mi rimase impresso Cervone e, forse, proprio a causa sua ho scelto di disputare la mia breve carriera calcistica tra i pali. Quella stagione finimmo sesti a 42 punti, dietro Pescara, Pisa, Cesena, Lecce e Cremonese. L'ultima partita, quella decisiva, la disputammo contro il Taranto sul neutro di Lecce. I pugliesi si dovevano salvare, noi dovevamo vincere per salire. Perdemmo 3 a 0, Trevisan in una maschera di sangue, io che fremevo alla radio e sulle scale di casa un amico doriano che mi sfotteva.
L'inizio di un'amore
.

Molti sono i ricordi d'infanzia legati al calcio: la passione per il giuoco catturò immediatamente la mia attenzione. Mentre frequentavo asilo e scuole elementari, i campi italiani erano calcati da Michel "Le Roy" Platini. La mia maestra, suor Emilia, era tifosa juventina e in classe esibiva sciarpa e orologio bianconero, se non addirittura gigantografie del fuoriclasse francese.
Del primo giorno di scuola ho qualche ricordo annebbiato, ma ho invece ben impressa l'agonia del campionato cadetto 87/88. Quell'anno vidi Genoa-Messina: contro i siciliani, allenati da un certo Franco Scoglio, vincemmo 3 a 1. Ma fu una stagione pessima, il campionato del Solo chi soffre sa amare. Arrivammo all'ultima giornata appaiati al Modena a quota 30 punti. Ci giocammo la salvezza al Braglia. Mio padre decise di non seguirla e con tutta la famiglia optammo per un pomeriggio al parco del Peralto. Mio fratello era in passeggino, ma la testa era altrove. Di ritorno dalla passeggiata chiedemmo notizie: erano buone. Scanziani e Briaschi ci salvarono dalla C.

Ecco, questa è la sofferenza in cui ho mosso i primi passi da tifoso. Oggi, a vent'anni di distanza, ripenso ancora al giorno in cui entrai in curva per la prima volta. Negli anni ho vissuto gioie e delusioni sportive, più le ultime che le prime a dire il vero, ma la mia identità di genoano ha il volto di
Marulla: il mio primo beniamino.
Di partite ne ho ho viste e ascoltate tante, mai, però, dimenticherò la voce della radio, quello stereo
Hitachi che ogni domenica mi cullava nella sofferenza e mai, infine, scorderò l'esultanza assieme a mio padre per un goal segnato. Molti rideranno leggendo queste righe, ma il Genoa, come una madeleine, mi conduce alla ricerca del tempo perduto.

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domenica 21 dicembre 2008

I cerotti non piegano il Grifone



Trovo sinceramente difficoltoso commentare la vittoria di Verona. Il Genoa si presentava al Bentegodi con gli uomini contati, orfano di Milito e di fronte un Chievo bisognoso di punti per lanciare la rincorsa alla zona salvezza. Insomma, nonostante si giocasse contro l'ultima della classe, i presupposti per concludere l'anno in bellezza non erano così scontati.

Sul campo la partita è stata obiettivamente brutta. La squadra di Di Carlo ha iniziato con maggior brio rispetto ai rossoblù, senza per questo impensierire oltremodo Rubihno. Dopo l'incornata iniziale di Yepes, proprio un goffo intervento dell'estremo genoano ha creato apprensione nella difesa ligure che, nonostante l'assenza di Ferrari, ha esibito sufficiente solidità.
Il Genoa dal canto suo ha impostato la gara sul possesso palla: Juric a rompere, Motta a costruire e in avanti Olivera a sostituire Milito. Proprio l'uruguaiano è stato protagonista di una delle azioni più pericolose del primo tempo: imbeccato da un'ottimo Criscito, il Pollo si procura e calcia una punizione che finisce di poco a lato. La seconda, invece, capita sulla testa di Vanden Borre, che, ben servito da Jankovic, appoggia debolmente sprecando una ghiotta possibilità.
Lo spettacolo latita, i goal pure e il tempo termina sul punteggio di parità.

La ripresa vede i padroni di casa alla ricerca spasmodica del gol e solo il palo salva Rubihno sulla girata di testa di Pellisier. Il Genoa più facilmente riesce a rompere l'azione degli avversari, mentre in fase di possesso non trova punti di riferimento su cui imbastire l'azione. La difesa e il centrocampo reggono, ma vacillano, quando il palo prima, e Rubihno poi, negano a Esposito e a Pinzi un vantaggio che, tutto sommato, sarebbe stato meritato.

Privo di Milito, l'attacco rossoblù incontra oggetive difficoltà: Jankovic e Vanden Borre intepretano bene il ruolo che Gasperini ha loro riservato, mentre Olivera è autore di una prova opaca: incapace di far salire la squadra, protegge poco la palla e, spesso, si è fa trovare fuori posizione.
Ma il calcio, si sa, spesso è beffardo.
Proprio quando il risultato sembrava ormai accontentare i contendenti, Olivera, ben servito da Juric, si libera in area e trafigge Sorrentino: il vantaggio rossoblù resisterà fin oltre i sei minuti di recupero, permettendo al Genoa di cogliere la prima vittoria lontano da Marassi.

Per onestà, è giusto dire che il Chievo non meritava la sconfitta, ma la vittoria di Verona è preziosissima. Non solo poichè conseguita in un momento di emergenza, ma sopratutto perchè pareggia i punti persi in casa con il Bologna. A due giornate dalla fine del girone di andata, il Grifone recupera punti sul Napoli e impreziosisce il proprio ruolino di marcia: l'anno si chiude nel migliore dei modi, l'augurio è che il prossimo si apra ancor meglio!

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sabato 20 dicembre 2008

Sotto questo sole...


Sto leggendo L'eleganza del riccio di Muriel Barbery e il capitolo che ho appena terminato ha esposto il pensiero di Guglielmo di Occam.
Vi starete chiedendo: «chi se ne frega?». Avete ragione. Ma se continuerete a leggere vuol dire che, anche se solo un pizzico, vi siete incuriositi. E che, alla fine della fiera, ve ne frega!

Guglielmo ha dedicato gran parte della sua vita allo studio degli universali e dei particolari, giungendo alla seguente conclusione: gli universali, ovvero quei concetti a cui i particolari partecipano, non esistono nella realtà.
Mi spiego meglio. Prendiamo un tavolo. Ebbene, per Occam non esiste un 'idea generale di tavolo che racchiuda in sè tutte le qualità dei tavoli esistenti. Esistono, invece, solo i particolari, ovvero quegli oggetti che i nostri sensi percepiscono come tavoli.

Per il filosofo del famigerato rasoio esistono solo i singolari, o meglio:
esistono solo le cose che percepiamo come reali. Gli universali, di conseguenza, sono solo una complicazione del pensiero e qui risiedono. Solo il semplice, o meglio il particolare, ha riscontro effettivo nella realtà.

Ma la realtà, io mi chiedo, che cosa è?
Quello che noi percepiamo come reale, infatti, non è necessariamente vero, ma solo una delle possibili rappresentazioni della realtà. Ogni essere umano, in definitiva, costruisce la propria visione del molteplice in base a come lo percepisce, vive e si muove nel mondo a seconda di come ha imparato a conoscerlo attraverso i propri sensi.
E allora continuo: chi mi assicura che quello che io percepisco come tavolo sia realmente tale? Nessuno.
È solo per convenzione che la maggior parte degli essere viventi attribuisce a questa parola una forma ben definita, la realtà, o meglio, una delle tante possibili, potrebbe essere differente.

È prerogativa del tutto umana, quella di porre il proprio percepire alla base del reale. Le sicurezze sulle quali si costuisce l'immagine del mondo, sono tali solo per chi ne ha bisogno.

E allora voglio concludere con una domanda, ognuno dia la risposta che più crede opportuna: il sole esiste perchè lo penso, o penso al sole perchè esiste?
Io credo di non avere più alcuna certezza.

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domenica 14 dicembre 2008

Sculli salva il Genoa



Il Genoa acciuffa il pareggio per i capelli e mantiene il sesto posto in classifica.
Dopo l’ubriacatura del derby, la squadra di Gasperini inizia con il piglio giusto illudendo il pubblico del Ferraris: il palo di Milito, dopo la bellissima combinazione Milanetto-Sculli, è il primo segnale di una giornata difficile.
L’Atalanta, da par suo, si dimostra squadra solida e ben disposta in campo, in grado di sfruttare con Floccari il primo ribaltamento di fronte e infilare Rubinho con un preciso diagonale. Resta qualche dubbio sul modo con cui l’attaccante atalantino si libera di Sokratis.

Sotto di un goal il Genoa perde lucidità, soffre a centrocampo e rischia addirittura di capitolare per la seconda volta. Le tossine della stracittadina rendono impacciata la squadra, che, in fase di impostazione, paga le imprecisioni di Motta e Milanetto. I lombardi chiudono il tempo in vantaggio, confermandosi sempre più la nemesi rossoblù.

Nella ripresa entra Vanden Borre al posto di Papasthathopoulos, ma il torpore genoano prosegue fino all’espulsione di Bellini: doppia ammonizione per fallo su Sculli e Genoa in superiorità numerica.
Entra Jankovic, ma, il vantaggio numerico, dura poco: Milanetto commette fallo di reazione e pareggia il conto degli uomini in campo. La partita è dura e spigolosa e, a dire il vero, anche un pò bruttina.
Icona della gara, l’entrata criminale di Rivalta su Palladino: fallo da dietro all’altezza del ginocchio e sospetta distorsione per l’attaccante. Nuovamente in superiorità, il Genoa spinge sull’acceleratore, riuscendo infine ad acciuffare il pareggio allo scadere con una precisa incornata di Sculli.

La squadra di Gasperini trova il secondo pareggio casalingo ma, a differenza di quello maturato con il Bologna, può considerare il punto contro l’Atalanta uno scampato pericolo. Alla vigilia le aspettative erano diverse, ma, tenuto presente l’andamento della partita e la cattiva forma fisica di Milito, costretto a giocare con un’infiltrazione, ci si può accontentare anche di metà della posta in palio.
Considerati i risultati, il Genoa mantiene immutato il vantaggio su Atalanta, Lazio e Udinese, mentre perde punti su Fiorentina, Napoli e Roma.
Resta la spiacevole sensazione di aver perso nuovamente un treno interessante.

Alcune considerazioni infine: incomprensibile e inaccettabile la reazione di Milanetto in un momento delicato della partita. Sotto di un goal e in superiorità numerica, la squadra aveva bisogno di tutti i suoi effettivi per ribaltare la situazione. Ora il play rossoblù rischia due giornate di stop.
In vista della delicata trasferta di Verona, poi, preoccupa la situazione degli indisponibili: oltre a Mesto, Olivera e Gasbarroni, mancheranno anche Sculli, in squalifica, Ferrari, Palladino e Milanetto. Restano poi da valutare le condizioni di Juric, mentre Milito è apparso visibilmente affaticato.
Il Chievo non sarà assolutamente uno sparring partner…

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lunedì 8 dicembre 2008

Milito: Principe del derby



Il derby non è una partita come le altre. L'ipocrisia di chi afferma il contrario è costantemente smentita dagli atteggiamenti dei calciatori, dalla passione dei tifosi e dal fermento di una città intera.
Novanta minuti di pura sofferenza e una settimana di totale irrazionalità: statistiche, cabale, stati d'animo altalenanti e tachicardia da stadio.
Inutile spiegare cosa significhi vincere o perderne uno: certe cose restano inspiegabili ai più. Un rito collettivo da consumare e condividere solo con chi prova le stesse emozioni.
E allora, spero mi perdoneranno i miei amici doriani, dopo una settimana in cui predicavo proditoriamente la sconfitta, a poche ore dall'inizio, ho avuto la premonizione della possibilità contraria: il tramonto sopra Genova, dopo una bellissima giornata autunnale, aveva i colori rossoblù. Non posseggo arti divinatorie, ma come un etrusco aruspice, ho letto il segnale in chiave propiziatoria.


Il derby è questo e molto più. Per scaramanzia è decidere di andare al campo con la macchina di un amico, è cambiare la fedele divisa da stadio perchè agli occhi della sorte non si tratta di una partita casalinga, è scegliere accuratamente ogni gesto compiuto per non alterare un meticoloso rituale che potrebbe condurre alla vittoria e, ovviamente, tante prese per il culo.
Lasciatemi passare il vocabolo, ma il calcio è anche questo: l'amore più disinteressato accompagnato dal turpiloquio più fantasioso.
Secondo FootballDerbies.com, infatti, il derby della Lanterna sarebbe tra le stracittadine più sentite di tutto il mondo e, indubbiamente, il primo d'Italia. E, se a guidare le due compagini avversarie sono due campioni del calibro di Cassano e Milito, ebbene, ecco spiegata la speciale alchimia del 99° derby di Genova.


Non c'è derby senza folklore e, ancora una volta, le due tifoserie hanno dipinto lo stadio con i colori dei rispettivi vessili. E pazienza se sul rettangolo di gioco, invece, di spettacolo ne sia apparso poco.
La partita è stata nervosa, rude, con interventi al limite del regolamento. Da un lato Milito ha saggiato le cure amorevoli di Campagnaro, Gastaldello e Accardi, dall'altro Cassano è stato accolto dagli abbracci poco fraterni di Milanetto e compagni.

Ma non voglio fare il finto sportivo, il commentatore corretto ad oltranza o passare per il Fazio della situazione: alla fine quel che conta è la vittoria!
E la bilancia del Ferraris, questa volta, ha pesato a favore del Genoa, trascinato al trionfo da Diego Milito.

L'eleganza aristocratica del Principe illuminato, unita alla spietatezza, sportiva s'intende, del barbaro saccheggiatore: questa la perifrasi migliore per descrivere l'imperioso stacco di testa che, al 5' del secondo tempo, ha permesso al Genoa di aggiudicarsi il match.

In una partita così sentita, ovviamente, non potevano mancare le recriminazioni, peraltro condivisibili, per un goal annullato all'imberbe Fornaroli.
Ma lasciatemi scrivere: così la vittoria è ancor più bella.
Almeno fino al prossimo derby!



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domenica 30 novembre 2008

Un'occasione persa!

Un'occasione buttata alle ortiche.
Non trovo altre perifrasi per inquadrare il deludente pareggio casalingo con il Bologna. Con una vittoria il Genoa avrebbe staccato il Catania, superato Fiorentina e Lazio, e raggiunto al quarto posto il Napoli sconfitto a Milano.
Il modo migliore per presentarsi al derby di domenica prossima.

Poche parole sulla partita che avrebbe potuto lanciare l'undici di Gasperini verso l'Olimpo del calcio e che, invece, lascia la squadra nel mare magnum di coloro sono pronti a fare il grande passo, ma mai lo compiono.

Dopo un brutto primo tempo, l'ingresso di Gasbarroni ha vivacizzato il gioco, permettendo a Sculli di siglare il quinto sigillo stagionale. Dopo il goal, inspiegabilmente il Genoa ha arretrato il baricentro, rilassandosi e concedendo campo e spazio ad un Bologna obiettivamente mediocre: il goal Di Vaio ha così ristabilito il pareggio iniziale, rimettendo in discussione il risultato.
Come contro Cagliari, Udinese e Lazio, il Genoa crea e distrugge da sé: una volta in vantaggio si siede, concede spazio e si lascia infilare.

Alla vigilia della partita, il risultato di parità era più che un'ipotesi: il Bologna di Mihajlovic veniva da tre pareggi consecutivi, il campo pesante non lasciava presagire un grande spettacolo e, per la cabala, il Genoa veniva da sei vittorie casalinghe consecutive.
Detto questo, il vantaggio andava gestito in maniera differente: il limite di questo Genoa, continuo a ribadirlo, non è qualitativo ma caratteriale. Manca un po' di maturità in certi momenti della partita per compiere il decisivo salto in avanti.


Il campionato del Genoa resta ovviamente molto positivo, le rimostranze appena espresse sono semplicemente degli appunti per una squadra che spesso si autolimita e che potrebbe raccogliere molto di più di quanto non stia già facendo. A supportare il buon inizio di campionato sono i numeri: l'anno scorso, tra ottobre e novembre, il Genoa raccolse 6 punti, quest'anno, solamente nel mese di ottobre, ne ha raccolti 10.
Novembre, invece, si conferma il mese nero di Gasperini: nelle 5 partite disputate quest'anno, il Genoa ha pareggiato 3 volte, vinto una e perso altrettanto. Di ottobre si è già detto: 3 vittorie e un pareggio nelle quattro partite disputate. Ma quest'anno è la qualità della flessione novembrina ad essere differente: nel 2007 il Genoa ha raccolto due punti in 4 partite, nel 2008 il bottino è stato di 6 punti in 5 partite.

Se il peggio è alle spalle, beh, c'è da essere ottimisti!

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sabato 29 novembre 2008

La Grande Guerra

Questa la foto di Angelo Pedemonte, mio bisnonno e padre di Francesco Pedemonte.
Sul retro della cartolina la seguente dedica:

"Zona di Guerra li 23-05-18
Dono alla mia cara sorella la mia fotografia
Pedemonte Angelo
Reg.to 4 artiglieria"

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domenica 23 novembre 2008

Buon punto all'Olimpico



Ho abbastanza esperienza calcistica da sapere che giocare contro la perdente di un derby non è mai facile. Buono quindi il pareggio contro la Lazio, un punto che permette al Genoa di preservare la posizione in classifica e, anzi, di agganciare Catania e Udinese.


La Lazio parte meglio mettendo in leggera difficoltà la squadra di Gasperini, i rossoblù appaiono troppo contratti e imprecisi soprattutto in fase di possesso, ma già al 10’ dimostrano di poter gestire tranquillamente la partita: Juric e Motta macinano palloni, mentre Pandev e Zarate rimbalzano a turno su un muro chiamato Papastathopoulos.
La cronaca impone di segnalare una bella combinazione Sculli-Motta-Milito che porta l'argentino al tiro e le insidiose bordate del laziale Kolarov, ma la partita scorre via senza particolari motivi di interesse fino al lancio che innesca Vanden Borre e al goal siglato da Milito a porta vuota. La rete, però, verrà inspiegabilmente annullata dall’assistente dell’arbitro Mazzoleni, una svista clamorosa che ha il sapore della beffa.
Il tempo si chiude sul pareggio a reti bianche, ma con il pesante errore della terna arbitrale a gravare sul risultato della gara.


La ripresa si apre con un maggior equilibrio tattico, entrambe le squadre provano a vincere ma è il Genoa ad avere l’occasione più ghiotta: Sculli, recuperando in area laziale un pallone ormai perso, cade e si procura un rigore che l’arbitro concede un pò troppo generosamente. Sul dischetto si presenta lo specialista Milito, ma questa volta l’argentino calcia alto sciupando l’occasione.
Il pericolo scampato rinvigorisce i biancocelesti: prima Foggia testa i riflessi di Rubinho, poi Papastathopoulos salva sulla linea la conclusione a porta di vuota di Rocchi, subentrato ad inizio ripresa ad uno spento Pandev.
Il Genoa passa proprio quando pare soffrire maggiormente la pressione laziale: è Palladino a scendere sulla destra, cross in area a superare un incerto Carrizo e pallone che arriva sui piedi di Mesto che, dopo una serie di finte, appoggia su Milito: il Principe infila il connazionale biancoceleste con un preciso esterno a fil di palo.


I rossoblu avrebbero addirittura la palla del ko, ma Palladino si divora la possibilità di mettere in cassaforte il risultato. Goal sbagliato, goal subito recita un’implacabile legge del calcio, e così, su una respinta della difesa genoana, Dabo calcia al volo, il pallone, che in altre circostanze sarebbe di facile presa, coglie impreparato Rubinho che goffamente appggia la sfera nella propria rete.
Il pareggio laziale giunge al 35’ del secondo tempo: dopo la svista dell’estremo ligure, poco e niente da registrare fino al triplice fischio finale.


Un punto a Roma è sempre un risultato positivo, ma non può non esserci il rammarico per aver gettato alle ortiche un’altra occasione per centrare la prima vittoria esterna.
Luci e ombre si sono palesate in questa trasferta: a brillare sempre più è la stella di Milito, ma anche Papastathopoulos è un giocatore su cui puntare per il futuro. Appunti negativi, invece, sono da associare a Palladino e Criscito: i due ex-juventini hanno disputato la loro peggior prestazione stagionale. Criscito è stato spesso in difficoltà su Zarate, tanto da essere superato quasi sempre, mentre Palladino, oltre ad aver divorato il 2 a 0, ha sbagliato una miriade di palloni che hanno permesso diverse ripartenze agli undici di mister Rossi.


Il Genoa ha dimostrato di saper imporre il proprio gioco in quasi tutti i campi di serie A, spesso il proprio limite è però stato di natura caratteriale: nel momento in cui i rossoblù avranno veramente coscienza di quello che stanno facendo, ne vedremo delle belle!


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mercoledì 19 novembre 2008

Il Vilipendio di Sabina

«Perchè quando il progresso serve a far vivere meglio è Satana, mentre se è utilizzato per far soffrire più a lungo è santo?».

È questa una delle tante domande poste da Sabina Guzzanti al pubblico del Politeama durante la tappa genovese di Vilipendio Tour. Due ore e mezza di battute, satira, imitazioni e, soprattutto, di italici fatti. Punto di partenza l'ormai celeberrimo discorso tenuto a Piazza Navona: intervento che le è costato, per l'appunto, il rinvio a giudizio per Vilipendio.
Oltre ai contenuti, come sempre intelligenti e graffianti, lo spettacolo ha proposto musica e coreografie affascinanti: le battute sul politico di turno sono state costantemente accompagnate da immagini che ne accentuavano l'effetto comico, mentre l'accompagnamento musicale ha conferito un gradevole ritmo alla serata.


Tanti gli argomenti al fuoco: antifascismo e revisionismo, intercettazioni telefoniche, giustizia, libertà di satira, informazione, laicità di stato, leggi ad personam, il ministro Carfagna e molto altro. Il tutto condito da quella carica aggressiva che richiedono i tempi bui vissuti dal nostro paese. E per chi accusasse la Guzzanti di volgarità, la risposta è semplice: rispetto a chi e a che cosa?

A prescindere dal colore politico da cui proviene la critica, l'eloquio e le rappresentazioni di Sabina offendono solo benpensanti e ipocriti. La Guzzanti è satira, un piccolo Azazello pronto a purgare con le parole, mi piace pensarla come un Rigoletto fustigatore: i suoi ragionamenti fanno male solo perchè gravidi di verità.
Per una sera lontani da Isole, Talpe, modellini, delitti e urla catodiche, la satira ha adempiuto al suo compito: far riflettere, divertendo.

E allora è stato bellissimo lasciarsi trasportare, anche se talvolta con un pizzico di rammarico, dalle esilaranti imitazioni di Silvio Berlusconi in versione napoleonica, di Massimo D'Alema, Fausto Bertinotti, Barbara Palombelli, Lucia Annunziata e Anna Finocchiaro.
Per questo la Guzzanti è invisa a quasi tutto il mondo politico: da destra a sinistra, il suo raggio d'azione colpisce tutti rami del Parlamento. Se Berlusconi cambia la legge a seconda del suo fabbisogno personale, a sinistra c'è chi lo emula, temporeggiando fino alla paralisi. Non è, come qualcuno potrebbe obiettare, un atteggiamento qualunquista, ma semplicemente una lucida descrizione del reale.
Questa è l'Italia. Non prendiamocela con chi la racconta, ma con chi la fa.

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venerdì 14 novembre 2008

Il Genoa si inchina al cospetto della Signora


Avanti senza drammi. All’inizio del campionato una sconfitta contro la Juve era una possibilità più che probabile, oggi essere additati come la squadra rivelazione del torneo, a prescindere dalla sconfitta dell’Olimpico, è già motivo sufficiente per essere soddisfatti.
Detto questo, alcune valutazione sulla prestazione di Torino sono necessarie.

Il Genoa non ha ripetuto le partite di spessore che altrimenti aveva offerto a Milano e a Udine. Sin dai primi minuti ha sofferto l’aggressività bianconera e la difesa, soprattutto nei suoi elementi più inesperti, ha vacillato non poco sotto la spinta di Del Piero e compagni, tanto da essere infilata dopo appena 5' di gioco. La reazione c’è stata, ma limitata al genio di Milito: una giocata spettacolare finita di poco a lato e l’erronea segnalazione del guardalinee Griselli hanno negato al Principe di siglare la decima marcatura già nel primo tempo.
La squadra di Ranieri, invece, cinica come soltanto le grandi squadre sanno essere, ha raddoppiato al 25' con uno stacco imperioso di Amauri. Nonostante il doppio svantaggio, i rossoblù hanno provato a riequilibrare la partita ma la difficoltà a mettere palloni giocabili in mezzo e l’impalpabilità di alcuni elementi di Gasperini, in primis Gasbarroni e Palladino, hanno reso sterili gli attacchi liguri.
Nella ripresa il mister rossoblù ha buttato nella mischia Sculli: alcune buone giocate si sono viste fino al 10' del secondo tempo, poi la Juve ha messo in ghiaccio la partita per chiuderla definitivamente al 43’ con Iaquinta. Il rigore di Milito e l’autogoal di Papastathopoulos hanno chiuso la partita sul 4 a 1.

La sconfitta, seppure con un passivo eccessivo, è più che meritata.
Il Genoa è sembrato troppo fragile in difesa, mentre a centrocampo la riflessività di Motta è risultata lentezza al cospetto di mastini come Sissoko e Nedved. D’altro canto la formazione iniziale ha lasciato più di una perplessità: Potenza non si è risparmiato, ma la qualità dei suoi cross non è riuscita neppure ad scalfire la resistenza di Chiellini e Legrottaglie. Gasbarroni non ha svolto il lavoro di disturbo tra le linee, mentre Palladino ogni tanto ha gigioneggiato troppo. Ferrari, Juric e Milito si sono sobbarcati rispettivamente gli oneri dei singoli reparti: troppo poco per pensare di strappare anche solo un pareggio a questa Juve.

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martedì 11 novembre 2008

Avana Killing!


Se gli ingredienti per un buon giallo sono suspance, ritmo e colpo di scena finale, ebbene, Avana Killing di Gordiano Lupi (editore Sered, 5.90 euro) rispetta a pieno i dettami in questione. Se a questo si aggiunge una spruzzata di noir, un pizzico di attualità e un aggiunta di esotismo, ecco spiegata l'alchimia che impedisce al lettore di chiudere il libro se non al termine del racconto.


È la capitale cubana, come suggerito dal titolo, il teatro della vicenda, una città in cui si sfiorano due mondi: quello dei turisti che ostentano dollari e quello della popolazione che sopravvive con fatica e dignità. Protagonista Isabel Santamaria, donna infelice e abbandonata dal marito, che di colpo si trova al capezzale del figlio moribondo. Pronta a tutto per strapparlo alla morte, si troverà ad intraprendere strade ben distanti dalla fede che professa: e proprio la santeria, religione sincretica che fonde il Cristianesimo con i riti arcaici portati dall'Africa, sarà con le sue pratiche il motore scatenante dell'azione delittuosa del serial killer che imperversa nelle notti habanere.


Il motore narrativo è sapientemente alimentato dall'autore, mentre l'immaginazione di chi legge è costantemente aiutata dalle descrizioni ambientali che completano il quadro dell'azione. Personaggi e vicenda sono perfettamente calati nell'atmosfera esotica: caldo, corpi sudati, luci notturne e aroma di caffè sono il background di un racconto che non si caratterizza solo per gli spunti di fantasia. Il punto di vista dell'autore, infatti, emerge immediatamente dalle primissime pagine: la critica sociale e poltica al castrismo si evince chiaramente in tutto il libro.


Ma anche chi, per ideologia è distante dall'opinione di Lupi, non pùò fare a meno che lasciarsi trasportare dall'evolversi degli eventi. Ad affascinare è la costante contrapposizione tra due visioni differenti del reale: da un lato la religione cattolica che ammanta di verità assoluta e divina ogni batter d'ali terrestre, dall'altra la santeria, che al pari della Chiesa, con i suoi riti sostiene di poter influire sul corso delle vite umane. Lo scontro è decisamente all'ultimo sangue.


Infine alcune parole sul progetto editoriale di cui Avana Killing fa parte: una collana di romanzi in cerca di nuovi testi e nuovi autori che ha il sapore del romanzo popolare, in una veste grafica che ricorda molto una collana da edicola.

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domenica 9 novembre 2008

Genoa: e sono sei!


La calma è la virtù dei forti. Questa la massima che il Genoa di Gasperini deve far propria in questo momento del campionato.


La sesta vittoria casalinga, a cadere questa volta è stata la Reggina, ha proposto un Genoa a due velocità: affamato di goal tanto da risultare precipitoso nel primo tempo, cinico e spietato nel secondo.
La partita è finita 4 a 0 ma, rivedendo le immagini dell'incontro, il passivo per i calabresi poteva essere ancor più pesante. La squadra di Orlandi, fino all'espulsione di Costa, ha saputo opporre una resistenza intelligente e ordinata, ma una volta in inferiorità numerica, obiettivamente, non c'è stata più partita.
L'ingresso di Gasbarroni ha velocizzato la manovra rossoblù permettendo a Milito, che fino a quel momento era stato ben controllato da Santos, di essere più libero e di giocare nello spazio. Il Genoa ha così avuto gioco facile nel passare prima in vantaggio e poi nell' arrontondare il punteggio: tripletta del Principe e una rete di Beppe Sculli sono lo score di una partita che, a livello di cronaca, lascerebbe poco altro da segnalare. Da rimarcare ci sarebbero solo alcune aperture illuminanti di Thiago Motta, sempre più leader del centrocampo, e qualche errore di troppo soprattutto in fase di appoggio.


Quello che più impressiona è il collettivo e una squadra che non rinuncia a fare gioco in nessuna circostanza: gli errori prima rimarcati sono proprio la conseguenza di un gioco che parte sempre dai piedi dei difensori, prosegue a centrocampo e trova finalizzazione negli attacanti. La filosofia di Gasperini è semplice ed efficace, anche se talvolta la linea difensiva soffre l'eccessiva pressione degli attaccanti avversari.
Il Genoa ha voglia di stupire, ma deve ricercare la calma accennata, a volte è necessario aspettare e colpire solamente quando i tempi della partita lo permettono. La fretta è cattiva consigliera, ma l'accortezza con cui questa squadra è gestita farà sicuramente migliorare il gruppo sotto questo aspetto.


Per concludere un pò di numeri su cui riflettere
.
Dopo 11 giornate di campionato, il Genoa è al settimo posto in classifica, ha il 3° miglior attacco del campionato e il primo per realizzazioni casalinghe, per un totale di 18 goal fatti e 10 subiti. Statistiche di tutto rispetto.
Infine una nota di costume calcistico. Tra tutte le trasmissioni sportive, la palma della più scadente spetta ad un marchio storico del pomeriggio calcistico italiano: 90° minuto. Peccato per una trasmissione che poteva essere rilanciata dopo anni di dominio Mediaset e che, invece, ha trovato in Lauro, Galeazzi e Longhi i peggior interpreti possibili.

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mercoledì 5 novembre 2008

Hello Obama!


Barack Obama è il 44esimo presidente degli Stati Uniti. Il primo afroamericano alla Casa Bianca. Un evento di portata storica.


Ecco un estratto del discorso del senatore dell'Illinois: «Ci saranno ricadute e false partenze. Ci sono molti che non saranno d'accordo con tutte le decisioni e le politiche che seguirò da presidente. E sappiamo che il governo non può risolvere ogni problema. Ma sarò sempre onesto con voi sulle sfide che affrontiamo. Vi ascolterò, soprattutto quando non saremo d'accordo. E soprattutto vi chiederò di partecipare nell'opera di rifare questo paese, nell'unico modo in cui l'abbiamo fatto in America per 221 anni, pezzo a pezzo, mattone dopo mattone, mano callosa su mano callosa».


Ora, io non credo che Obama possa cambiare di netto gli USA, la politica estera dubito potrà subire bruschi cambiamenti, ma penso che quest'uomo abbia dato una speranza agli americani. E soprattutto a tanti giovani.
Beh, io un poco sono invidioso: alla Spagna Zapatero, agli Usa Barack e all'Italia...Berlusconi e Licio Gelli! Un gap da brividi.


Il nostro paese guarda al futuro
! Talmente avanti, che stiamo tornando indietro di almeno 70 anni.
C'mon Italia, il baratro non è così distante!

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domenica 2 novembre 2008

Udinese e Genoa: che spettacolo!


Quando Udinese e Genoa si incontrano, lo spettacolo è garantito.
Contando l'edizione andata in scena oggi, le ultime tre edizioni della sfida hanno proposto la segnatura di ben 17 reti. Facile, quindi, intuire come al Friuli non siano proprio mancate le emozioni.

Pronti via e l'Udinese passa in vantaggio: lancio lungo su Floro Flores e Criscito
commette fallo in area cinturando clamorosamente l'attaccante bianconero. Ammonizione e rigore indiscutibile che D'Agostino trasforma spiazzando Rubihno.
Rimane però inspiegabile l'ingenuità del giovane difensore rossoblù.


Il Genoa reagisce allo svantaggio imponendo il proprio gioco e chiudendo l'Udinese nella propria trequarti. L'occasione per riequilibrare le sorti della partita capita subito sui piedi di Milito, ma Handanovic chiude bene lo specchio ribattendo la conclusione dell'argentino. I ragazzi di Gasperini non ci stanno e spingono ancora sull'acceleratore: Motta prima, Gasbarroni poi e infine nuovamente Milito, impegnano in rapida successione il portiere friulano che, da par suo, risponde da vero campione esibendo riflessi felini, come nel caso della punizione calciata dal Principe rossoblù.
Nonostante il buon primo tempo, il Genoa chiude la frazione sotto di una rete.

La ripresa ripropone lo stesso canovaccio: Genoa in avanti e Udinese che si difende. Il pareggio arriva su un rigore generoso fischiato dall'arbitro Tagliavento per un intervento di Lukovic su Vanden Borre: Milito spiazza il portiere siglando il sesto sigillo stagionale. Palla a centrocampo e dopo 3 minuti è Sculli, subentrato ad uno spento Jankovic, a trafiggere per la seconda volta Handanovic con un potente sinistro che si insacca a fil di palo.
Partita ribaltata in 5 minuti e ruoli che si invertono: è ora l'Udinese a spingere, e il Genoa a difendere. Entrano Di Natale e Quagliarella, mentre Gasperini si copre facendo entrare Biava, ma è proprio l'ex doriano, in anticipo su Ferrari e l'ex palermitano, a superare Rubihno e a riequilibrare le sorti dell'incontro.

Ma Udinese e Genoa continuano a giocare e a tentare di superarsi reciprocamente. Il duello tra Milito e Handanovic prosegue con l'ennesimo miracolo del portiere su tiro ravvicinato del puntero rossoblù, dall'altro lato sono Di Natale e Lukovic a sfiorare la terza segnatura.
Lo spettacolo si conclude con una bellissima rovesciata di Beppe Sculli che si spegne sul fondo a pochi centrimenti dalla traversa.


Buon punto per il Grifone che da continuità alla bella prova offerta a San Siro. Peccato per alcune distrazioni in fase difensiva che potevano costare caro e per l'eccessiva imprecisione sotto porta.
Pareggio equo che premia entrambe le squadre.

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venerdì 31 ottobre 2008

Odifreddi e Nyman: l'incontro


Non capita spesso di incontrare Michael Nyman. Non capita spesso di incontrare Piergiorgio Odifreddi. È ancora meno probabile, sopratutto se si vive a Genova, incontrarli assieme.

Ieri, a dispetto di tutti i calcoli aleatori, sono stato testimone dell'istante in cui hanno fatto conoscenza uno dell'altro. Il pianista inglese, rappresentante del minimalismo in musica e autore di composizioni capaci di toccare il profondo, alla pari del matematico piemontese, è stato uno degli ospiti principali della sesta edizione del Festival della Scienza.

L'incontro è avvenuto a Palazzo Ducale: Odifreddi aveva appena terminato di consumare il suo pranzo, il musicista, appena giunto nel capoluogo ligure, stava invece accingendosi a prendere la forchetta. Un incontro fugace, una breve presentazione, fatta di poche parole scambiate in inglese e alla presenza di pochi intimi. E al tavolo di fronte io, che ho conosciuto il musicista attraverso i suoi dischi durante un'estate della mia giovinezza, e che ho imparato ad apprezzare il pensiero laico di Odifreddi attraverso libri, articoli e interviste.

Una curiosa circostanza.

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giovedì 30 ottobre 2008

Col Cagliari, vittoria e sofferenza


Dopo la bella prestazione di San Siro, ripetersi sugli stessi livelli era molto difficile. E lo era ancor di più perchè, dalla partita del Meazza, erano appena trascorsi due giorni. La vittoria contro il Cagliari va quindi presa così, come è maturata: con tanta sofferenza e qualche sbavatura di troppo.
Ma non è il caso di fare i sofisticati: 16 punti dopo nove partite e un calendario decisamente ostico, ebbene, sono il ruolino di marcia di una squadra che, nonostante la rivoluzione estiva, ha saputo trovare in tempi brevi la cosiddetta quadratura del cerchio.

Dopo la bella vetrina milanese, il Cagliari era decisamente il peggior avversario da incontrare a Marassi. Rispetto a molte altre squadre della fascia medio-bassa, i sardi sanno meglio giocare a pallone e elementi come Fini, Conti, Acquafresca e Jeda sono giocatori di buon livello. La squadra di Allegri ha dimostrato di sapersi chiudersi bene nella propria trequarti e di mettere la gamba anche oltre il lecito consentito.
I ragazzi di Gasperini, dal canto loro, hanno iniziato il match sotto ritmo e sono entrati in partita a scoppio ritardato. Gli isolani hanno così usufruito di qualche tiro dalla distanza e di un’innocua supremazia a centrocampo. Piano piano il Grifone ha affilato gli artigli, ha preso in mano le redini del gioco e ha sfiorato il gol con Gasbarroni. Il vantaggio di Papastathopoulos, che per dovere di cronaca era in netto fuorigioco, ha suggellato una superiore capacità di manovra e una migliore impostazione di gioco, ribadita in seguito da Criscito e Sculli che hanno sfiorato il raddoppio con tiri da lontano.

Dopo il riposo, la migliore espressione del Genoa è stato il bellissimo goal di Thiago Motta: un’autentica perla di qualità cristallina. Il brasiliano si è avventato su un rimpallo e ha trafitto Marchetti con un diagonale liftato da vedere e rivedere su Youtube. Da quel momento i rossoblù hanno cominciato a pagare la stanchezza accumulata: il raddoppio invece che spegnere il Cagliari lo ha rivitalizzato. Prima il palo di Conti e poi il goal di Bianco hanno riaperto il match. Gli isolani, nonostante in 10 per l’espulsione di Fini, hanno continuato a spingere fino e oltre il 90°, ma Ferrari e compagni hanno retto senza troppi affanni, dimostrando che questa squadra, oltre la qualità, sa raggiungere l’obiettivo anche con il cuore.

Unico appunto di giornata, ma si tratta di un’inezia, è lo scarso cinismo in alcune fasi della partita: diversi contropiedi potevano essere gestiti meglio, chiudendo un match che di fatto è rimasto in bilico sino alla fine.
Ora avanti con Udine, e secondo una vecchia legge del calcio: squadra che vince in trasferta
Ai posteri larga sentenza.

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domenica 26 ottobre 2008

Genoa: punto meritato al Meazza


Il 30 aprile 2006 il Genoa perdeva in casa contro il Cittadella e veniva condannato alla bolgia dei play off. Quegli stessi colori, due anni e sei mesi dopo, sono stati elogiati nella Scala del calcio da mister Mourihno, allenatore del Chelsea ai tempi in cui Vavassori guidava il Genoa dalla C alla B. Una semplice considerazione per gustare ancora più a fondo il preziosissimo punto guadagnato a S.Siro.

Il Genoa visto al Meazza è stato il migliore di quest'inizio di campionato. Una prestazione maiuscola per intensità, applicazione, grinta e soprattutto gioco. Difficile fare una pagella dei meriti, gli undici in campo hanno tutti disputato un' ottima partita. Ma due giocatori si dividono la palma del migliore: Thiago Motta e Mesto.
Il brasiliano ha dettato legge a centrocampo, rivaleggiando alla pari con campioni del calibro di Stankovic, Zanetti, Muntari e Maicon. Ha dato calma e ordine al centrocampo, e talvolta anche profondità all'attacco. Le sue sono spesso state intuizioni illuminanti, vero signore del centrocampo ha retto la mediana anche dopo l'espulsione di Juric. D'altro lato Mesto ha disputato la sua migliore prestazione in rossoblù, esprimendo grande corsa, possesso palla e tiro. Peccato solo per la poca precisione sulla respinta di Julio Cesar.


Con un Palladino rimasto a casa, Gasperini ha costruito il suo capolavoro tattico partendo dalla difesa. Ferrari, Criscito, Papastathopoulos e Biava hanno chiuso ogni spazio, sia che gli avversari fossero Ibrahimovic, Quaresma e Adriano o, come nel secondo tempo, Cruz, Balotelli e Obinna, il reparto difensivo ha concesso davvero poco agli attaccanti neroazzurri: solo una traversa che ha pareggiato il conto con quella colpita da Mesto nel primo tempo.
Rossi è forse stato un pò meno lucido del solito, ma i crampi con cui è uscito la dicono lunga sulla sua applicazione. Juric e Motta hanno aggredito costantemente il portatore di palla, impedendo alla manovra interista di svilupparsi nella sua interezza, Sculli ha disputato la solita partita tutto cuore e corsa mentre menzione a parte merita Milito: il Principe non segna da due turni, ma la qualità delle sue prestazioni è in costante crescita. Punto di riferimento di tutta la manovra rossoblù, ha impegnato severamente Julio Cesar con diverse giocate dalla distanza. Buone anche le prove di Bocchetti e Vanden Borre.


Finalmente il Genoa ha ripetuto lontano dal Ferraris le prestazioni già apprezzate a Marassi. Il punto è strameritato, specialmente se si tiene conto che la squadra ha disputato quasi tutto il secondo tempo in inferiorità numerica. Gasperini si goda il momento: a Milano anche Special One Mourihno gli ha fatto i complimenti!

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sabato 25 ottobre 2008

Opinioni sul '68


I am he, as you are he, as you are me, and we are all together
(I am the Walrus, Beatles, 1967).

A distanza di quarant'anni, credo siano queste le parole che meglio riassumano il fermento sessantottino. Nato nel 1981, faccio parte anch'io di quelle generazioni che hanno conosciuto il '68 solo tramite film, libri, giornali e immagini d'archivio. Ho provato a riflettere su fatti storici, ho sentito canzoni, ho sfogliato libri e giornali e sono arrivato alla conclusione che lo spirito di quell'anno ben si racchiuda nella parola partecipazione. Un esserci che non si esauriva nella retorica degli slogan, ma che rivelava un forte desiderio di condivisione sociale, culturale e politica. Chi allora partecipò al movimento, oppresso dalla costante minaccia atomica e schiacciato tra due sistemi sociali che non lasciavano spazio a coralità giovanili, desiderava con-dividere.


E oggi, che i tempi di comunicazione si sono ridotti, i giovani che giudizio ne danno
?
«Se penso al ‘68 - sottolinea Laura - mi viene in mente il maggio francese, la lotta, i film di Goddard. Un momento di intensa attività culturale e politica. Un' esperienza sì italiana, ma soprattutto internazionale».
Cultura quindi, ma anche impegno sociale. «Più che il '68 in sé - osserva Simone - a me restano indelebili le lotte operaie dell'anno dopo. Gli studenti all'uscita delle fabbriche, i lavoratori che si incontrano con gli intellettuali, insomma un momento di presa di coscienza culturale».


Quali però le immagini, le parole e i suoni che restano di quel periodo
?
«Per me - risponde Erika - il '68 è sinonimo di libertà, uguaglianza e diritti. Principi che hanno interessato culture e paesi diversi tra loro. L'anno che segna la nascita del mito di Che Guevara, che vede il rifiuto della guerra in Vietnam, ma anche l'anno della primavera di Praga. Non solo ribellione e contestazioni studentesche, quelli - continua - erano gli anni di Joan Baez, Bob Dylan e Janis Joplin. John Lennon cantava Lucy in the Sky with Diamonds e Jimi Hendrix suonava la chitarra con i denti. Ma anche gli anni di Allen Ginsberg e dell'università di Berkeley. Se penso alla speranza che avevano i giovani allora - conclude - la realtà di oggi mi sembra ancora più triste».


Questa data ha significato anche cambiamento di costumi e idee. C'era una volta il west, La guerra di Piero, ma anche divorzio e minigonne.
«Se penso al Sessantotto - dice Anna - mi vengono in mente camicioni a fiori, capelli sciolti, dibattiti, chitarre sui prati e corse per scappare alle guardie. Ma anche libertà. Come diceva Gaber, libertà è partecipazione, possibilità di far sentire la propria voce: quella degli studenti, per essere coinvolti nei programmi di studio e nei metodi di insegnamento, quella delle donne, per poter scegliere se restare o meno con un marito-padrone e disporre autonomamente del proprio corpo, e quella dei popoli del Terzomondo, per il diritto a non sottomettersi ad un neocolonialismo fondato sullo scambio ineguale. Di tutto questo - conclude - in Italia credo sia rimasto ben poco. Forse una serie di diritti riconosciuti solo sulla carta, ma perennemente negati e sottovalutati».Quale quindi il significato, il messaggio e l'eredità di quell'anno? «Delle idee di allora - risponde Luca - nella società di oggi è rimasto poco. Sicuramente la produzione culturale continua ad avere validità, ma il messaggio del '68 ha senso solo se calato in quel momento storico. Riproporlo oggi sarebbe un'operazione azzardata».


«Secondo me - interviene Matteo - è necessario distinguere cosa il Sessantotto sia stato in America e cosa invece in Europa. Oltreoceano fu opposizione alla guerra in Vietnam e lotta contro la segregazione razziale, da noi, invece, è probabilmente andato più a fondo soprattutto nell'analisi degli schemi sociali esistenti. Dal punto di vista macroeconomico - continua - il Sessantotto è uscito sconfitto. La sua eredità più proficua è probabilmente nel costume, nel concepire un nuovo modello di famiglia, l'inizio dell'emancipazione femminile e la lotta per il divorzio. Questi gli aspetti che forse hanno inciso maggiormente nella realtà italiana».


L'analisi di un fenomeno complesso e globale come il '68, un movimento che ha interessato tutto il mondo occidentale, è un compito difficile da assolvere. Provo quindi a concentrare l'attenzione sul nostro paese.
«L'Italia - precisa Roberto - assieme alla Francia è il paese che ha visto la maggior partecipazione popolare. Le istanze dei manifestanti erano di grande importanza: partecipazione, coinvolgimento, ma soprattutto maggior usufrutto di quei benefici che la società italiana aveva goduto con il boom economico. Pacifismo, antirazzismo e rifiuto del potere come strumento di oppressione. D'altra parte - continua - ci furono anche aspetti negativi: l'incapacità di produrre risultati e programmi concreti e un'interpretazione scorretta di alcuni fenomeni che avvenivano lontano dal nostro paese».


In conclusione, riporto il giudizio che ne da oggi, con una certa amarezza, chi a quegli anni ha partecipato
.
«Dal punto di vista politico - sostiene Gianni - non è rimasto niente, anzi, molte delle figure che sono uscite dal movimento hanno preso strade opposte ai valori di quel periodo, una parentesi idealista sconfitta dalla storia».


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domenica 19 ottobre 2008

Biava stende il Siena


Il Genoa riprende il campionato laddove lo aveva lasciato prima della sosta: dalla vittoria. Molti i giocatori rossoblù che in questi giorni hanno vestito le maglie delle rispettive nazionali e pochi gli allenamenti a disposizione di mister Gasperini per testare la formazione da schierare contro il Siena. Per questo motivo i punti raccolti contro la formazione toscana hanno un valore particolare.

Soprattutto nel primo tempo la prestazione del Genoa è stata entusiasmante: velocità, rapidi cambi di gioco, profondità e scambi in spazi ristretti hanno esibito un Grifone che, contro squadre di media serie A, per gioco espresso si pone obiettivamente uno scalino avanti alla fascia in questione. Milito non ha trovato il goal, ma, come al solito, è stato costante punto di riferimento per i compagni di reparto, ogni azione di attacco è passata dai suoi piedi e solo un Curci in splendida forma ha evitato alla formazione senese di capitolare più di una volta. Palladino è finalmente il giocatore che in molti ricordavano, Mesto ha fornito una prova di buona intensità e Thiago Motta, che ha sostituito uno sfortunato Milanetto, è davvero un giocatore fisicamente recuperato.
Il goal di Biava è arrivato da calcio d'angolo, ma le azioni costruite dal Grifone per incrementare il vantaggio non si contano. Forse l'unico neo della partita è stato proprio quello di non saperla chiudere, concedendo qualcosa di troppo allo spettacolo.
Ma che diamine, vedere il Genoa di questi tempi è divertimento assicurato!


Nel secondo tempo la squadra di Giampaolo è entrata più determinata sul rettangolo di gioco, mentre alcuni singoli del Genoa hanno risentito le fatiche della settimana internazionale. I toscani con Galloppa hanno colpito un palo, ma nel complesso la linea difensiva eretta da Ferrari, Bocchetti, Criscito e Biava ha retto alla perfezione.
Le partite si vincono anche soffrendo e gli undici di Gasperini, nelle ultime due uscite casalinghe, hanno esibito tenacia da vendere. Dopo Firenze era importante dimostrare di che pasta fosse fatta questa squadra.
Non c'è molto da aggiungere ad una partita gestita con qualche apprensione di troppo, ma tutto sommato condotta con grande sapienza e agonismo nel l'arco dei 90 minuti.


Per concludere vorrei spendere parole di elogio per
Thiago Motta. Il brasiliano è subito entrato in partita, dimostrando prontezza e buona visione di gioco; a centrocampo è veramente l' uomo di spessore che unisce quantità e qualità. Milanetto si riprenda senza fretta, in mezzo l'emergenza non spaventa!

Guarda la sintesi di Genoa-Siena



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mercoledì 15 ottobre 2008

Paese che vai...


Pizzini e rosari: magistrati corsari! Autodafé già visti, attenzione, ci son i terroristi. Coerenza e libertà, latitano in questa età.
Che dire, che fare? C’è un po’ di democrazia da esportare. Bombe intelligenti, governi reticenti, volenterosi, acquiescenti. Uomini dementi, spettacoli deprimenti, che diamine: evviva i Parlamenti!

Una, due, tre famiglie? A giurare davanti a Dio, o a giocare con le biglie!
Tic tac, tic tac: lavoro esaurito, un’altra somministrazione se vuoi essere guarito. Schiacciato dal lavoro? Per favore non parliamone, un pò di decoro. Onorevole indagato? No: al di sopra di ogni reato!

Uccidi il padre e disonora la madre: 5 minuti bastano in tv se ti va di sfondare. Subito a chiedere perdono, dal confessore riceverai assoluzione e osceno dono!
Ma non ti sognare di manifestare, il Parlamento è un’alcova da provare.


Alle rime mie non credere, il paese che racconto è tutto da vedere.

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domenica 12 ottobre 2008

Migranti: identità ed integrazione


Alcuni mesi fa, in occasione del convegno Giovani e migranti nelle città globali - Culture, identità e appartenenze, a cui hanno partecipato studiosi provenienti da diverse parti del mondo, ho contattato Francesca Lagomarsino, sociologa e assegnista di ricerca, collaboratrice di Luca Queirolo Palmas, docente di Sociologia dell'Educazione e Sociologia delle migrazioni presso la facoltà di Scienze della Formazione dell'Università di Genova. Credo che l'intervista sia ancora molto attuale. Eccone il contenuto.

Identità, culture e senso di appartenenza. Concetti che portano a riflettere sui vari modelli di integrazione: qual'è il vero significato del termine?
«I modelli - risponde la dottoressa Lagomarsino - sono sostanzialmente tre. Il primo è quello assimilativo, dove uno dei due soggetti coinvolti nel processo dismette la propria identità e assume cultura, costumi e stile di vita dell'altro. Il secondo è quello pluralista, dove entrambi i gruppi godono di stessi diritti ma restano di fatto separati, ognuno mantiene la propria identità senza di fatto operare alcuna interazione. Il terzo - conclude - è quello interculturale. Un modello che prevede il cambiamento di entrambe le parti attraverso uno scambio reciproco».

L'ultima interpretazione sarebbe il fine a cui aspirare, ma il cammino mi sembra lungo e tortuoso. Per strada spesso sento dire: «con quella gente lì non può esserci dialogo». A colpirmi non è tanto l'esclusione del confronto, ma piuttosto il riconoscere qualcuno diverso, estraneo dal proprio sentire. Una contrapposizione che rasenta quasi lo scontro di identità e mi chiedo se la società italiana sia pronta al modello multiculturale?
«Sicuramente - risponde - i processi di cui stiamo parlando non si realizzano in tempi brevi. L'Italia conosce l'emigrazione da poco e la creazione di una società multietnica non avviene nel giro di pochi anni e indubbiamente la paura è un fattore con cui confrontarsi».

La paura. Questo sentimento, soprattutto se indirizzato nei confronti dei cittadini stranieri, può essere considerato un sintomo?
«Non si può negare che sia un indizio, alimentata da moltissimi fattori: precariato, difficoltà economiche, incertezza del futuro e anche da un certo sensazionalismo mediatico. Non è tanto paura dell'altro in sé, quanto delle possibilità che l'altro può sottrarre al singolo».

Si spieghi meglio.
«Abbiamo constatato - chiarisce - come molti genovesi abbiano badanti straniere e, intervistati a proposito, tendano a dare una valutazione positiva del rapporto con il cittadino straniero. Diversa, invece, l'opinione che hanno del gruppo. C'è uno stacco tra il processo individuale e quello collettivo. Insomma, si pretende che i cittadini stranieri ottemperino solo a doveri. Il lavoro da fare - conclude - sta nel passaggio dal particolare al generale».

Nella nostra città sono molte le realtà che operano per una maggiore coesione sociale. Mi riferisco ad associazioni, sindacati e patronati che si impegnano ogni giorno per ridurre i disagi dei cittadini stranieri, soprattutto con la burocrazia dei permessi di soggiorno. A me pare ci sia un certo scarto tra l'atteggiamento locale e quello nazionale.
«Non posso parlare - sottolinea - per tutte le realtà italiane. Posso però dire che a livello nazionale i fondi stanziati per l'integrazione stridono con gli intenti dichiarati. Investire in politiche inclusive è fondamentale per prevenire il disagio».

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martedì 7 ottobre 2008

Giù le mani dalla movida


Movida sì, movida no. Locali a mezzo servizio o per tutta la notte? Questo il problema.
La dicotomia amletica che sta animando il pubblico dibattito cittadino, mi ha portato a riflettere, cercando di capire le ragioni dell’una e dell’altra parte. A dirla tutta non è facile sciogliere il nodo gordiano che trova contrapposte le due opposte fazioni: da un lato la vitalità dei carruggi è il valore aggiunto della notte genovese, dall’altra i residenti del centro storico si trovano ad affrontare un manifesto disagio ambientale.
Non semplice, quindi, dirimere la questione. Senza contare che il dialogo non è certamente incentivato dai divieti a grappoli che si abbattono sulla Superba. Locali chiusi, niente passeggiate in centro con una lattina in mano e, udite udite, un giro di chiave alla prostituzione. E che le puttane non si lamentino: con tutti i soldi che evadono! Non sono mie parole, ma di un autorevole esponente della giunta comunale.

Comunque, la questione è seria
. Perché pone il tradizionale problema sui punti di aggregazione, giovanile e non, nella nostra città. Sono nato e vivo tuttora in via Venezia, quartiere San Teodoro, e negli ultimi 15 anni ho assistito ad una lenta ma progressiva diminuzione degli spazi in questione. La biblioteca Rapetti ha chiuso da tempo, il campetto di via Digione è diventato un parcheggio, anche quello oratoriale ospita macchine, mentre la vecchia fabbrica del ghiaccio in piazza Raffaele Sopranis, storico edificio di interesse industriale, è diventato un ecomostro con Super Basko e parcheggi sotterranei. Anche i più anziani hanno pagato dazio: il sagrato dell’Anpi, dove gli avventori bestemmiavano per una carta calata male, non esiste più. Al suo posto sempre automobili.

Ai quartieri popolari urgono punti di incontro
, dove vedere gente e conoscere il prossimo, luoghi di discussione, dove avvicinarsi alle culture altre senza paure banali e immotivate. Questa la soluzione per l’intolleranza: la conoscenza reciproca. I cittadini stranieri non sono soltanto badanti o lavoratori, sono persone con una storia alle spalle, e magari se avessimo la possibilità di conoscerci, troveremmo tratti che ci uniscono uno all'altro. Ma purtroppo non esistono tali spazi e pure la chiesa ha abiurato il suo credo per abbracciare quello dell’accumulazione di capitale. I quartieri, oggi, sono semplici dormitori. Non si vivono più.

Ben vengano le Notti bianche e l’Urban Lab nelle sue molteplici sembianze, soprattutto se rappresentano una vetrina nazionale per Genova e un miglioramento della qualità della vita, ma non dimentichiamo che i genovesi vivono ora e 365 giorni all’anno. L’arena della movida, con i suoi pregi e tanti difetti, è uno dei pochi punti di aggregazione all’ombra della Lanterna, se morisse, oltre a riportare il centro storico indietro di 15 anni, diminuirebbe l’appeal di una città già in fase di decremento demografico. Una soluzione potrebbe essere la diversificazione, incentivando la vitalità anche nei quartieri e sostenendo la rivalutazione di zone destinate a diventare problematiche nel giro di alcuni anni.
Ma fino a quel giorno: nessuno uccida la movida. Almeno che il Tallone di Ferro non ci preferisca in casa, sulla poltrona e davanti alla tv assuefatti alla banalità catodica.

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domenica 5 ottobre 2008

Genoa: a Marassi cade il Napoli


Il Genoa torna a Marassi e per la terza volta fa valere la legge del Ferraris. La nuova vittima, dopo Milan e Roma, si chiama Napoli. Pronti via e i partenopei sono già in vantaggio. Rossi perde palla a centrocampo e Lavezzi, con la complicità di Criscito e Biava, capitalizza al massimo l'ingenuità della difesa. Partita in salita e squadra che nei primi 20 minuti soffre il gioco del Napoli: in difesa si sente l'assenza di Ferrari, mentre il centrocampo è monopolio di Hamsik e Gargano. I rossoblù, orfani di Milanetto e Gasbarroni, giocano molto sulle fasce, mentre al centro solo Juric recupera palloni preziosi. La squadra cresce con l'andare dei minuti, anche se la difesa ogni tanto sbanda e solo un miracolo di Rubinho impedisce a Denis di chiudere virtualmente il match.

Ma il Genoa è squadra sveglia e pronta a sacrificarsi: Sculli, oltre a proporsi come terzo di attacco, gioca da centrocampista aggiunto, Papastathopoulos conferisce sicurezza al reparto arretrato, mentre Milito è sempre in agguato e solamente un'errata segnalazione del guardalinee nega al Principe la gioa del goal. Solo Marco Rossi, in un ruolo non suo, e Criscito, ingenuo il suo tocco di mano in area di rigore, sembrano sotto tono.
La partita cresce di intensità, prima Sculli e poi Palladino impegnano Gianello e solo la terna arbitrale pare non reggere il ritmo della partita: il fallo di Maggio su Modesto sarebbe da espulsione diretta, ma il fischietto non concede neppure il fallo. Il pareggio di Sokratis rappresenta il giusto premio per una squadra che dopo lo svantaggio, e dopo il rischio di una nuova capitolazione, ha saputo reagire e riversarsi nella metà campo partenopea.

Il secondo tempo continua sulla falsariga del primo con i rossoblù in spinta sull'acceleratore e alla ricerca della vittoria. Il Genoa, dopo l'ingresso di Bocchetti, è più stabile in difesa e trova in Sculli un impensato ispiratore della manovra: al 51' è suo il lancio che innesca Milito, il Principe attira su di sé due difensori e con una magia scarica su Palladino che insacca alle spalle di Gianello.
Gli undici di Gasperini esprimono buon agonismo e circolazione di palla, a centrocampo Juric limita i danni, la difesa trova in Papastatopoulos un vero leader e Palladino è finalmente in palla. Solo le progressioni di Lavezzi continuano a mettere in difficoltà Biava e compagni: in una di queste Rossi lo cintura e Dondarini estrae un rosso tutto sommato discutibile.

Genoa in dieci e tutti nel fortino a difendere il vantaggio? Assolutamente no.
La squadra dimostra carattere e si assesta
: Milito in attacco è costantemente in agguato, Mesto, oltre ad essere prezioso in chiusura, si propone con continuità sulla trequarti avversaria, Sculli randella e recupera palloni a supporto di Juric che è più libero di impostare. Alla mezz'ora è proprio il croato ad andarsene sulla fascia sinistra e a crossare al centro, dove Milito insacca di testa alle spalle di un incerto Giannello.
Tre a uno e partita finita? Nuovamente risposta negativa. Il Napoli non ci sta e il neoentrato Pia, scappato a Criscito sulla fascia, fornisce a Denis il pallone della speranza: Biava cade e El Tanque insacca di potenza alle spalle di un incolpevole Rubinho.

L'ultimo quarto d'ora offre un finale incandescente: Pià reclama un dubbio rigore, Papastatopoulos viene giustamente espulso per somma di ammonizioni e Rubihno vola all'incrocio su colpo di testa del solito Denis. Ma il Grifone sa soffrire e il fortino regge fino ad oltre il cinquantesimo minuto del secondo tempo. Finisce 3-2, e vittoria assolutamente meritata.
Resta il rammarico per una direzione arbitrale assolutamente insufficente: molti gli episodi contestati, alcuni a sfavore del Napoli, ma molti anche a discapito del Genoa e una gestione dei cartellini veramente incomprensibile.

Buona la prestazione del Grifone
, ora è necessario offrire continuità di prestazioni anche in trasferta, proponendo la stessa intensità di gioco anche lontano da Marassi.
La strada è segnata, basta seguirla
.

Guarda le highlights di Genoa-Napoli

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