martedì 1 luglio 2008

Euro 2008


Euro 2008 mi ha dato una speranza: chi gioca bene riesce a vincere. Un amico, alcuni giorni fa, ha scritto che spesso non sono i più forti a vincere. Credo che in quelle parole ci sia molta verità. Se guardo al recente passato, ma anche a quello più remoto, la storia del calcio è piena di esempi in tal senso. Quest'anno, dopo anni di braccino, finalmente la Spagna è riuscita ad imporsi.

Gli iberici si sono dimostrati finalmente squadra. A differenza del Portogallo, che continua ad essere una sorta di dream team, la Spagna ha trovato quella continuità e quella sapienza tattica che nelle precedenti competizioni gli era mancata. Incisiva e pragmatica, in tutta la competizione ha subito solo 2 goal (uno contro la Grecia nell'inutile terzo turno del girone eliminatorio). Mentre l'Italia ha vinto il mondiale tedesco con quella che Baricco chiamerebbe medietà, le furie rosse si sono imposte senza rinunciare al bel gioco. Continuità di rendimento contro eccellenza calcistica: in entrambi i casi c'è risultato, ma che differenza di approccio e spettacolo. Ne I Barbari un capitolo è interamente dedicato al calcio: consiglio agli appassionati di leggerlo, uno spaccato preciso del pallone contemporaneo.

Ebbene, l'Italia è una squadra che ha perso l'armonia per il gioco, non sa più divertirsi nè divertire. L'ultima nazionale che abbia emozionato veramente, è stata quella di Azeglio Vicini e, anche in quell'occasione, la squadra più forte non vinse. Siamo la nazionale della tattica: a detta di Salvatore Bagni, come rimpiango i tempi di Bruno Pizzul, contro Torres e compagni si doveva giocare con una tattica attendistica. Così abbiamo fatto, ma non abbiamo calcolato alcune variabili: Donadoni dagli 11 metri non è fortunato, assieme a Serena fu lui a sbagliare i penalty ad Italia 90. Secondo l'ex giocatore del Napoli, ora commentatore claudicante, attaccare la squadra di Aragones era pericoloso. Questa la mentalità italiana: aspettare e ripartire. Non è neppure catenaccio, è rinunciare volutamente al gioco: esattamente come fece la Grecia 4 anni fa. Contro gli azzurri la Spagna è arrivata ai calci di rigore per un errore di sopravvalutazione, per timore reverenziale, per l'atavica paura di vincere. Ma questa volta, la sorte, ha veramente aiutato gli audaci.

In Austria e Svizzera ha vinto la squadra con l' età media più bassa. Mentre nel team azzurro si discuteva sulla convivenza o meno tra De Rossi (25 anni) e Pirlo (30 anni), Aragones si è presentato alla finale con Fabregas (21 anni), Iniesta (24 anni) e Xavi. Unico interditore Senna. Noi giochiamo esattamente alla rovescia: un solo fantasista e una scorta di giannizzeri attorno. E non è soltanto una questione di nazionale, anche i club italiani giocano in questo modo. Perchè è giusto sottolineare che anche il campionato ha le sue responsabilità. Un torneo eccessivamente esasperato. Questo aspetto, oltre ad essere la causa dei tradizionali scandali estivi, comporta effetti collaterali alla natura stessa del gioco.

I giovani, per esempio, hanno limitate possibilità di esperienza. Arrivano al calcio che conta tardi. Quante volte abbiamo sentito dire a soloni e allenatori, spesso sono la stessa cosa, «si corre il rischio di bruciare il ragazzo». Questo accade, e qui ci metto anche noi tifosi, perchè siamo troppo ossessionati dalla prestazione. Il risultato soprattutto. Ai giovani calciatori, invece, andrebbe la possibilità di sbagliare, non solo in squadre e serie minori, ma anche a grandi livelli. Sergio Ramos ha 22 anni e ha esordito nella Liga a 17: con il Real ha già vinto due campionati e gioca da 3 la Champions League. Ha quindi una certa esperienza a livello internazionale. Prendiamo invece Giovinco, un giovane da grandi palcoscenici. Ha 21 anni, gioca nell'Under 21 e nell'ultima stagione predicava nel deserto all'Empoli: potenziale sprecato. Come dice Albanese-Cettolaqualunque: «in Italia i giovani non sono una risorsa, sono un problema».

Il nostro paese non è sano, e il calcio è un sintomo di questa malattia. Siamo un paese che non sa più divertirsi. Siamo tristi perchè non c'è motivo di essere allegri: basta guardarsi attorno. La corruzione. l'affarismo, i sotterfugi, il cosidetto Italian Style, stanno marcendo tutta la società. E il calcio è la cartina di tornasole. Nessuno lo prende per quello che dovrebbe essere: un gioco. E un gioco, per quanto serio possa essere, deve primariamente divertire. Sia chi lo pratica, sia chi assiste.

Questo gli spagnoli hanno capito: che giocare a pallone può essere divertente, che i giovani sono una risorsa e che vivere aspettando ti fa morire...beh, chi conosce il proverbio, completi la frase.


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