sabato 27 settembre 2008

Foscolo, l'eroe del Diamante


I luoghi non sono semplici posti, hanno un'anima e spesso custodiscono memorie di echi lontani. I nostri piedi calcano secoli di storia, ma l'abitudine, la fretta e anche l'intrinseca superficialità di una società fondata sull'immagine, di frequente oscurano la vista.
Ma un filo d'erba, delle rovine, un casolare abbandonato o anche una semplice pietra, se guardati con occhio giusto, sono pronti a ricollegarci con un mondo sì sepolto, ma pronto a rivivere in un istante. Può succedere, allora, che percorrendo la mulattiera che sale fino al forte Diamante, dietro le mura diroccate, si possa scorgere l'immagine di un ragazzo dal volto non bello, ma dall'aria libera e stravagante, statura non alta, ma è ancora giovane, capelli rossi, naso aquilino, fronte ampia, occhi vivi e portamento fiero. Ha 22 anni, crede fermamente negli ideali repubblicani ed è pronto a gettarsi in ogni mischia. È nato a Zante, il suo nome è Ugo Foscolo.

Era il 1800, quando con grado di capitano il poeta prese parte alla difesa di Genova. Sotto il comando del generale Massena, il Diamante era in mano alla 41ª mezza Brigata Francese. Foscolo, nonostante il trattato di Campoformio con cui Napoleone vendeva Venezia all'Austria, si era arruolato nuovamente nella Guardia nazionale. Il 30 aprile, gli austriaci, guidati dal tenente generale Conte di Hohenzollern, si attestarono sulla linea dei due Fratelli, minacciando la difesa francese. Intimarono la resa, ma sdegnosamente il capo di battaglione Bertrand rifiutò di capitolare. Il giorno seguente, dal forte Sperone, il generale Soult sferrò l'attacco vincente contro gli austriaci: Foscolo prese parte ad ogni mischia valorosamente e si segnalò nella riconquista dei due Fratelli, venendo anche ferito ad una gamba da un colpo di fucile.

Ma non solo militari furono le fatiche intraprese dal poeta all'ombra della Lanterna, le quinte genovesi videro anche la composizione di una delle più famose odi foscoliane. Un mese prima dell'assedio, la bellissima Luisa Ferrari, moglie di Domenico Pallavicini, ebbe la sfortuna di cadere da cavallo sulla riviera di Sestri, deturpandosi orribilmente il volto. Foscolo per lei compose l'ode A Luigia Pallavicini caduta da cavallo.

Quando salgo al Forte Diamante, affaticato per i ripidi tornanti che portano in vetta, ogni volta penso a quanta storia racchiudano quelle schiene erbose, quante vite e quanti avvenimenti. È l'esperienza stessa dell'ascesa a mettermi in contatto quasi mistico con il fluire del tempo. Per dirla come Foscolo:«Celeste è questa/corrispondenza d'amorosi sensi/celeste dote è negli umani».
Io, più semplicemente, mi sento parte di qualcosa. E forse anche un pò meno solo.

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