venerdì 16 gennaio 2009

Gaza: quale tregua possibile?


A seguito della lettera di Alessio Rassi, già pubblicata sul blog, ricevo e inserisco il commento di Roberto Ursino.
Chiunque voglia intervenire sul dibattito israelo-palestinese, può farlo scrivendo a 2002fragiu@gmail.com. I commenti saranno tutti pubblicati sul blog.


"Ho letto l’articolo di Sofri: molto bello e in larga parte condivisibile. Alla fine si domanda: «Che il mio nemico si nasconda dietro scudi umani, mi autorizza a colpire? Potrò guardare quelle fotografie diffuse e ostentate dal mio nemico con una commozione compensata dalla persuasione che non è colpa mia?».
La risposta gliela avrebbe potuta dare Golda Meir, la Primo Ministro che nel 1972 dovette fronteggiare la strage degli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco: «Forse un giorno potremo perdonarvi di aver ucciso i nostri figli, ma non vi potremo mai perdonare di averci costretto a uccidere i vostri».
Molto bella anche la lettera pubblicata sul blog, anche se un pò astratta e, rispetto ai fatti da cui, nasce il dibattito.

Mi spiego e premetto: la
pietas davanti ad ogni cadavere, e in particolare davanti ai corpi straziati di bimbi, è indiscutibile. In molti stati occidentali, però, l’anti-semitismo ammantato di anti-israelismo, continua ad essere molto presente e si è subito pronti a manifestare contro Israele (sarebbe bello vedere la stessa prontezza e lo stesso "fuoco morale" nella nostra società per le vicende del Darfur, o della Somalia o di Timor-Est). Forse perché in Italia non ci sentiamo odiati e minacciati di distruzione dai nostri paesi confinanti: la Svizzera, o l’Austria non sono soliti lanciare missili su Udine o Aosta, non riusciamo a capire bene certe sproporzioni!

Purtroppo i media, i politici e i commentatori in tv continuano a blaterare di pace, tregua, "sproporzione", non dicendo che siamo alle solite: Israele nasce il
14 maggio 1948, il giorno dopo, 15 maggio 1948, deve difendersi dagli attacchi congiunti di tutti i paesi confinanti che lo vogliono distruggere. Ed è sempre stato così, passando per la Guerra dei sei giorni, alla Guerra del Kippur, alla Guerra del Libano, per arrivare più recentemente alle azioni di Hamas e Hezbollah (di cui alcuni esponenti della sinistra italiana vantano l’amicizia). Come si fa a fare una tregua, a concordare una pace con chi ti odia, con chi ha messo per iscritto nel proprio statuto di nascita il tuo annientamento, con chi instilla fin da piccolo nei propri figli l’odio verso di te (attraverso perfino i cartoni animati), con chi, come scrive Sofri, «bersaglia da anni case, scuole, strade di una popolazione civile israeliana cui è impedita una normale vita quotidiana. Hamas giura la distruzione di ogni cittadino di Israele e di ogni ebreo sulla terra. Hamas addestra ed esalta gli assassini suicidi. Hamas si serve vilmente degli scudi umani, predilige bambini donne e vecchi, tramuta moschee e pareti domestiche in ripari di armi e mine».

Non si è ancora capito che queste persone non vogliono la pace? Perché la pace rischierebbe di portare la democrazia, di togliere potere e controllo, di togliere fonti di guadagno. Tutto sulla pelle del popolo palestinese che, prima per causa di Yasser lingua biforcuta Arafat, e adesso con Hamas, è la VERA VITTIMA dei loro stessi (pseudo)leader, che, uno Stato Palestinese, non ha mai voluto.
E allora? Che facciamo? Facciamo la tregua per cosa? Per consentire ad Hamas di rifornirsi di armi dai tunnel al confine con l’Egitto, a riorganizzarsi per, di nuovo, rompere la tregua e ricominciare a lanciare missili?

No, non ha senso: che
Tsahal vada avanti e distrugga ogni struttura e uccida ogni militante di questa formazione terroristica, visto che da quando si è ritirata dalla Striscia, nel settembre 2005, essa è diventata un campo di addestramento per terroristi e una base di lancio missili. Piangiamo allora tutte le vittime, disperiamoci per i bimbi strappati alla vita, ma cerchiamo anche le ragioni profonde di questa realtà."

Roberto Ursino

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