mercoledì 12 dicembre 2007

Una testimonianza

Ieri, sul sito di Repubblica, è apparsa un' interessante inchiesta di Federico Pace sull'utilizzo degli stage. Un mese e mezzo fa, più o meno, anche io ne avevo iniziato uno in azienda, una pratica di breve durata che però mi è comunque servita per chiarirmi le idee sul mondo del lavoro. Ho pertanto inviato al Sig. Pace un resoconto dell'esperienza in questione e, oggi, ha trovato spazio sul sito miojob.repubblica.it, un sito correlato a repubblica.it. Riporto qui di seguito il contenuto della mia lettera, che potete direttamente consultare cliccando sul titolo del post.

" Caro Direttore, sul sito di Repubblica oggi ho letto l'articolo di Federico Pace sugli stage. Poichè in un tratto dell'articolo ci si domandava quali fossero le realtà che utilizzano i tirocini in modo distorto, voglio raccontarle la mia esperienza.
A metà settembre, dopo aver terminato il servizio civile all'Arci-Genova, ho sostenuto un colloquio presso una casa di spedizioni. Mi si offriva uno stage di 3 mesi, con possibile prolungamento di altri 3 e successivo inserimento. Richiamato dall'azienda ho cominciato a recarmi in ufficio lunedì 15 ottobre. Passano due settimane, non mi viene fatto firmare nulla e , il presunto tutor dello stage mi consiglia di mentire in caso di controllo dell'ispettorato del lavoro. Seppure dubbioso, vado avanti. Preciso che era la mia prima vera esperienza lavorativa, in quanto laureato da poco in Lettere Moderne. Proprio per questo motivo l'azienda in questione aveva deciso di attivare presso l'Università degli studi di Genova un tirocinio postlaurea. Dopo 2 settimane mi sono recato all'ufficio tirocini dell'Università di Genova, e giustamente, la responsabile mi ha avvertito che la validità dello stage avrebbe avuto vigore a partire dal momento in cui la preside avrebbe posto la sua firma sulla modulistica in questione. Approssimativamente verso il 5 novembre. Io ho reso noto che, in realtà, era già dal 15 ottobre che mi recavo in ufficio e, ovviamente, la responsabile mi ha ammonito sottolineando che in assenza della documentazione opportuna non avrei dovuto recarmi sul posto di lavoro. A mio rammarico io le chiedo: se prima dell'inizio dello stage avessi preteso, come sarebbe stato giusto fare, di avere tutta la documentazione pronta, ebbene, l'azienda mi avrebbe accolto ugualmente? Ho dei dubbi in proposito. Sono passate due settimane, ingenuamente ho creduto alle assicurazioni di persone che considerano i lavoratori solo in termini economici, ho investito il mio tempo e mi sono sentito preso in giro. Non sono alieno da responsabilità, avrei dovuto pretendere il rispetto della legge e non l'ho fatto. Sono a mia volta responsabile. Ma è anche vero che certe cose accadono perchè i lavoratori non sono tutelati sufficientemente. La legge sugli stage (D.M 142/1998), necessita di una revisione. C'è bisogno di un ruolo più attivo degli enti promotori, di modo che le aziende non facciano i loro comodi. Sebbene la mia esperienza sia stata breve, ho comunque potuto constatare tutta un serie di intimidazioni nei confronti dei lavoratori. Intimidazioni che soprattutto per un ragazzo alle prime armi, hanno sortito l'effetto di ammutolirmi. Io del resto ho 26 anni, i miei genitori sono pensionati e mio fratello è disoccupato. Ho bisogno di un lavoro. Forse per questo motivo non ho preteso. Necessità. Vuole sapere perchè un ragazzo o una ragazza accettano uno stage/tirocinio? Perchè spesso, soprattutto in sede di colloquio, questo mezzo viene presentato come una possibile porta di accesso al mondo del lavoro. Da alcune agenzie interinali mi sono sentito consigliare di non perdere simili possibilità, perchè strumenti con cui le aziende inseriscono i propri effettivi. E' bene però sottolineare che alla fine del periodo stabilito, l'ente ospitante non ha alcun obbligo nei confronti del tirocinante. C'è quindi la possibilità di lavorare 6 mesi senza vedere l'ombra di un quattrino e, come ultima beffa, vedere disattese le speranza su cui si era investito per mesi. Siamo oltre i contratti a tempo determinato, questo è sfruttamento a termine di legge. Sinceramente mi sento frustrato, sull'autobus mi trovo inconsapevolmente con le lacrime agli occhi. Io vorrei scrivere su qualche testata giornalistica, ma, per avere una possibilità di emanciparmi devo percorrere strade che mio malgrado devo accettare. A questa, che vi posso assicurare è fonte di di disorientamento e sconfitta, spesso si deve aggiungere l'umiliazione di essere sfruttati.Io mi chiedo e vi chiedo: che futuro ha questo paese? Chi mi può aiutare? Poche risposte, poche speranze. "

0 commenti: