lunedì 14 gennaio 2008

Sem Benelli

Inserisco l'analisi di un libro che ho recensito per mentelocale.it. Cliccate sul titolo del post per andare direttamente all'articolo sul sito.

In occasione del 130esimo anniversario della nascita di Sem Benelli, autore de La cena delle beffe, lo storico Sandro Antonini ha dedicato al poeta e drammaturgo il libro Sem Benelli. Vita di un poeta: dai trionfi internazionali alla persecuzione fascista.
Nato a Prato nel 1877, Sem Benelli trascorse gran parte della sua esistenza a Zoagli e vi morì nel 1949. Nella prima metà del '900 i suoi lavori conobbero notevole successo, ma successivamente il suo nome venne dimenticato.
Interventista e volontario durante la Prima Guerra Mondiale, perseguitato dal fascismo, Benelli fu protagonista attivo del suo tempo. Spesso è stato definito come l'alter ego di Gabriele D'Annunzio. In molti oggi conoscono la "Cena delle beffe", ma in pochi sanno qualcosa del suo autore.
Perché - domando ad Antonini - Benelli ha ottenuto un trattamento così diverso dalla storia? «Nonostante le sue opere avessero un'originalità propria - risponde - quelle di D'Annunzio erano qualitativamente superiori. La sua fama poi ha anche risentito del clima culturale instauratosi nel secondo dopoguerra. O forse, fu semplicemente sfortunato».
Benelli non aderì mai al fascismo, fu perseguitato e costantemente sorvegliato dall'Ovra, ma guardò con una certa simpatia a quella che a suo dire fu la funzione moralizzatrice della marcia su Roma. Forse - azzardo - ha scontato l'incapacità di condannare immediatamente eventi che si contraddistinsero da subito per la loro antidemocraticità.
«Non credo - risponde l'autore della dettagliata monografia - molti intellettuali che durante il ventennio avevano la tessera del partito, dopo l'8 settembre si costruirono una verginità antifascista e in seguito non patirono alcuna damnatio memoriae. Benelli invece no. Non scese mai a compromessi con il regime e fu uno dei pochi a condannare da subito le leggi razziali. Dopo l'assassinio di Matteotti fondò uno dei primi movimenti antifascisti, la Lega italica. Indubbiamente - continua - fu un irresoluto, in un regime che mal sopportava qualsiasi forma di dissenso, pensò di poter ritagliare un piccolo spazio di libertà alla propria arte. In un certo qual modo cercò di sfruttare il fascismo a proprio vantaggio».
Le opere di Benelli furono seriamente osteggiate. Guastatori e squadristi ne impedirono spesso le rappresentazioni a teatro e la censura fu una costante spada di Damocle su ogni sua nuova fatica. Nonostante questo, partecipò alla guerra d'Etiopia e fu persuaso che Mussolini fosse all'oscuro delle persecuzioni che gli impedivano di vivere della sua arte. Azzardo, miopia nel non saper leggere la situazione così come in realtà si presentava?
«È bene sottolineare - precisa - che la guerra in Abissinia, come già rilevato da Renzo De Felice, fu un evento che travalicò il fascismo. In molti la vissero come un'avventura esotica. Dal porto di Genova - continua - furono tantissime le persone che si imbarcarono per andare in Africa. Fu quasi un modo per lasciarsi l'Italia alle spalle, un fuoriuscitismo legalizzato».
«Sicuramente - conclude - Benelli fu di un'ingenuità massima. Mussolini sapeva tutto e non credeva nel suo allineamento al regime. Guardava a lui con una certa diffidenza e lo considerava un anticorporativista. Per questo fu costantemente sorvegliato dalla polizia politica. E dopo Caterina Sforza fu osteggiato anche dalla Chiesa. Insomma, era un uomo esasperato. Seguito e spiato in continuazione, cercava in ogni modo di ritagliarsi uno spazio d'aria».
Il libro di Antonini è un prezioso documento che riconosce i giusti meriti ad un artista da troppo tempo dimenticato. Ma è anche una minuziosa e attenta ricostruzione di una delle pagine più drammatiche della storia italiana. Sono molti i documenti inediti che vengono presentati dall'autore, testimonianze che permettono di illustrare a fondo non solo le vicende di Benelli, ma anche le ambigue relazioni che intercorsero tra fascismo e cultura italiana. La vicenda dell'autore toscano - domando - può essere considerata l'icona del rapporto tra regime e intellettuali?
«Benelli - risponde Antonini - rappresenta la figura dell'intellettuale che non si rassegna, uno dei pochi a non sottomettersi. Agì sempre in maniera da poter essere se stesso, in modo da poter preservare la propria libertà. E pagò un prezzo altissimo».

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